Musica e attualità / Un Requiem dedicato alle vittime del terremoto in Centro Italia, firmato Colasanti
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I compositori che si dedicano all'”attualità” non sono poi molti. Capita di più all’estero, si intende fuori Italia, ma anche dai noi ci sono nomi della musica che si sono dati da fare in questo senso. E continuano. Per esempio la compositrice star Silvia Colasanti. Già, proprio così. Da qui, le (due) facce della stessa medaglia all’Auditorium di Milano giovedì, venerdì e domenica 16 febbraio. Nel concerto si confronteranno due versioni della Messa da Requiem. Da una parte il celebre Requiem di Mozart, nella versione di Eybler, allievo del maestro salisburghese, dall’altra, il Requiem Stringeranno nei pugni una cometa della Colasanti appunto – una commissione del 2017 del Festival di Spoleto in ricordo del terremoto che ha colpito il centro Italia – dove i testi latini della Messa dialogano con nuovi testi scritti per l’occasione dalla poetessa Mariangela Gualtieri. E si preannuncia come interessante la conferenza Canto di congedo e di rinascita di introduzione al concerto si terrà il 13 alle ore 18 nel foyer della balconata. Relatore il critico e musicologo Quirino Principe, interviene pure la compositrice Silvia Colasanti.
Il Requiem in questione è nato da una commissione di Giorgio Ferrara all’indomani del terremoto del 2016. Ha come sottotitolo “Oratorio per soli, coro e orchestra”, ed è proprio nel fatto di chiamarlo Oratorio che Silvia Colasanti nasconde il suo intento di porre l’accento su una componente drammaturgica e teatrale non affatto propria della Messa da Requiem di per sé: il coro si volta, bisbiglia, tiene in mano delle pietre, interagisce con la voce recitante e con il mezzosoprano. Si tratta di un gioco delle parti in cui il Coro (chiamato infatti “coro di chi non dubita”) incarna la concezione canonica e tradizionale della morte mentre la voce recitante declama un testo in italiano, e propone una visione più laica, indubbiamente meno lugubre e più luminosa.
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Stringeranno nei pugni una cometa, è del resto un verso di Dylan Thomas, un poeta che si è dedicato ampiamente al tema della morte, proponendone talvolta una lettura più positiva e piena di speranza. Si crea dunque una sorta di dialettica tra “la dubitante” e il “coro di chi non dubita”, e si dipana così un intreccio tra il la struttura del Requiem così come la conosciamo da secoli e qualcosa di completamente nuovo. A completare la rosa dei protagonisti di quest’oratorio ci sono altri due personaggi: il mezzosoprano, chiamato “Cuore ridotto in cenere”, riprendendo il verso del Cor contritum quasi cinis, presente nel Dies Irae; e infine un ultimo personaggio rappresentato dal Bandoneon, chiamato “il respiro della terra”, che compare nell’ultima parte del Requiem e va a personificare il desiderio di rinascita e di speranza con cui termina la composizione.