Cosa lega Luigi Abete, presi­dente di Bnl ed Assonime, Giuliano Amato, il professor Pel­legrino Capaldo, il banchiere Pietro Modiano e Vito Gambera­le, il boss del fondo pubblico F2i? Essere dei ricchi signori, che rappresentano la classe diri­gente del Paese? No. Avere a che fare con la finanza che conta? No. Godere di pensioni d’oro? No, quelle valgono solo per Ama­to (31mila euro al mese) e Gam­berale (44mila al mese e non è un refuso). Quello che lega que­sti autorevoli, autorevolissimi si­gnori è pensare che per il bene di tutti (di quante buone intenzio­ni sia lastricata la porta dell’in­ferno è cosa nota) sia necessaria una bella Pa.Tri.Mo.Niale.

Il pri­mo a proporla è stato Amato. Di­ciamo che in materia ha una cer­ta expertise. Nella notte di circa venti anni fa si inventò il prelie­vo del sei per mille sui conti cor­renti e un’imposta secca e straor­dinaria dell’1 per mille sulle ca­se. La faccenduola servì a inca­merare circa 6 miliardi di euro, a rovinare il fegato degli italiani, ma non a salvare l’Italia, che dopo un paio di mesi svalutò brutalmente la li­ra. E oggi che l’Italia si trova come ieri, Amato ritorna sul luogo del delitto. D’altronde, come disse a suo tempo, cosa volete che sia: “La patri­moniale vale una cena per tre persone”. Le ar­mi, nel frattempo le ha affilate, e al pranzo ha so­stituito un’auto di media cilindrata e chiede un contributo da 30mila euro a un terzo dei contri­buenti. Pellegrino Capaldo, più sofisticato, non vuole che la sua proposta sia chiamata patrimo­niale, ma imposta sull’incremento del valore degli immobili: è una tassa sull’aumento di prezzo che negli anni hanno avuto le case. An­che Abete, che ha una grande fantasia, la chia­ma “contributo ordinario per la trasparenza e la crescita” e vale l’1 per mille della nostra ric­chezza. Complimenti per la trasparenza del no­me: roba da Ignazio di Loyola. Pietro Modiano vorrebbe che il 20 per cento degli italiani più ric­chi paghino al fisco il 10 per cento secco della propria ricchezza (per Amato la fascia dei colpi­ti dovrebbe invece essere del 30 per cento). Gamberale ancora non sa bene se tassare 5 o 10 milioni di italiani, ma vorrebbe 3-400 miliardi di euro: nell’ipotesi allargata 40mila euro a cra­nio.

Ma che bravi questi nostri tecnocrati. Populi­smo per populismo uno potrebbe pensare che a un signore che ha un pensione di 40mila euro al mese, fargli secca una mensilità, sapendo che ne avrà a disposizione finché campa, non è un gran danno. Tanto più che la patrimoniale non colpisce i redditi, ma la ricchezza che è figlia proprio di redditi accumulati e dunque già ab­bondantemente tassati. Ma qui non ci interessa tanto il tema economico e di dottrina. Quanto il fatto che le nostre illuminate “riserve repubbli­cane”, esattamente come chi ci governa, non ab­biano il coraggio di dire come stanno le cose. E cioè che il problema non è sul fronte delle entra­te, ma su quello delle spese. Non hanno il corag­gio di dire che sono i 700 miliardi di euro l’anno di spesa pubblica che si devono tagliare e non già pretendere di rincorrere le uscite con misu­re una tantum. Indovinello? A una colazione da Francesco Micheli o a un pranzo estivo a Morlu­po dagli Stirpe è più chic che gli ospiti proponga­no una generosa tassazione dei ricchi o una rigo­rosa riforma di pensioni, sanità e pubblica am­ministrazione? Che domande, più brioche per tutti. Si faccia una bella patrimoniale Ci sentire­mo tutti più giusti. Fino alla prossima. E così via. Ma sempre con quell’aria di aver fatto il be­ne del Paese sacrificando i propri interessi. La zuppa rivendica i suoi di interessi. Meno imposte e meno spese e più zuppa per tutti.

Tag: , , , , , , , ,