L’unico modo per affamare la bestia statale è toglierle il nutrimento. Tutti chiedono la riduzione delle imposte, ma chi fa una proposta concreta è un demagogo. È più falso promettere genericamente il calo della pressione fiscale o indicare un obiettivo e concentrarsi su di esso? La realtà è che chi si candida ad amministrare la Bestia, ha piacere che sia ben nutrita. I conservatori, in fondo, vogliono proteggere la spesa pubblica. I liberali semplicemente chiedono allo Stato di stare a cuccia: fare di meno, possibilmente meglio, ma soprattutto di meno. La proposta lanciata ieri da Berlusconi sulla restituzione dell’Imu (peraltro votata anche dal Pdl, durante le prime settimane del governo Monti) va ascritta all’opzione liberale.
<Come era evidente è stata sommersa da critiche. Tralasciamo quelle politiche, e addentriamoci su quelle più tecniche.
1. La proposta del Cavaliere rappresenterebbe una sorta di voto di scambio: tu mi voti, io ti restituisco 4 miliardi di tasse pagate nel 2012. Si tratta di una critica risibile. Come se poi promettere maggiore spesa non fosse uno scambio. Proviamo a capovolgere il ragionamento. La tassa sulla prima casa è un pizzo di Stato e l’organizzazione politica che si candida a governare il Paese restituisce il mal tolto. La politica economica degli ultimi anni (compresa l’estate della crisi del 2011 in cui il governo del Cav era finito nel pallone) si è contraddistinta per una rincorsa della spesa pubblica. Lo Stato spende 800? Bene, cioè male: i cittadini la devono finanziare. Il paradigma dovrebbe essere ribaltato. Individuiamo piuttosto un tetto alle tasse annuali che si possono prelevare dai cittadini: diciamo 600 (un numero preso relativamente a caso) e su questo valore limitiamo la spesa pubblica. Non c’è scritto in nessuna legge del mondo che le spese dei privati siano comprimibili a piacimento da parte dei governi. Sia piuttosto lo Stato a stringere la cinghia.
2. La proposta del Cavaliere è pura demagogia. Anche qui rimettiamo le carte in ordine. E vediamola diversamente cercando di spiegare l’Imu. L’ultima più pesante rata è stata pagata il 17 dicembre dell’anno scorso. Gli italiani si sono messi in fila alle poste o in banca per pagare 2-300 o mille euro di una nuova tassa. Lo hanno fatto direttamente, senza alcun intermediario che rendesse l’esborso meno trasparente. Ecco il punto. Il saldo dell’Imu ha inciso sui consumi, e per di più nel periodo più caldo, quello natalizio. Duecento euro di Imu si sono tramutati in minori spese private: si chiama effetto povertà. Nell’abc della scienza delle finanze si ipotizza un’imposta di questo tipo nei casi in cui l’economia corra a mille, l’inflazione sia a due cifre, e i governi abbiano la necessità di frenare i consumi. Farlo in recessione è come offrire l’ultimo bicchierino a un ubriaco.
3. La proposta di Berlusconi manca di copertura finanziaria. È l’obiezione più seria. Motivo per il quale i critici di Berlusconi non l’hanno utilizzata con forza, preferendo piuttosto scommettere sul fatto che il Cav non mantiene le sue promesse elettorali (anche se una delle poche, per la verità, che ha mantenuto è stata proprio l’abolizione dell’Ici sulla prima casa). Ma vediamo perché anche questa critica fa acqua. Un liberale di scuola friedmaniana vi direbbe subito che riducendo l’imposizione sulla casa e liberando risorse per i consumi, il gettito che si perde con un mano si prende dall’altra grazie ai maggiori introiti derivanti dall’Iva e dalla conseguente ripresa produttiva. È un argomento che non convince i tecnici del Tesoro. Anche se è evidente che un’eccessiva imposizione faccia perdere gettito: il caso della nautica è eclatante, erano previsti 155 milioni di entrate, che a saldo invece hanno superato solo i 20 milioni. Stesso discorso per la benzina, che viene comprata sempre di meno e quindi produrrà meno del gettito previsto.
In realtà i tecnici del governo Monti hanno già trovato la copertura per Berlusconi. L’Imu ha portato nelle casse dello Stato quattro miliardi più del previsto: esattamente quanto vale il rimborso promesso da Berlusconi. Quei quattro miliardi inattesi non dovrebbero confluire nel bilancio della bestia statale, ma essere restituiti ai contribuenti. In un Paese supertassato sarebbe buona norma prevedere che il gettito inatteso e il recupero dell’evasione fiscale non siano messi nel calderone, ma restituiti ai contribuenti virtuosi e strozzati dal fisco.
Non è corretto, non è sano, non è etico utilizzare i nostri quattrini per coprire i buchi di una spesa senza controllo. Che proprio per questo sarà sempre incentivata ad essere senza controllo. Si restituisca il mal tolto e sia la macchina statale a fare quei sacrifici richiesti ai privati. Soffrirà perché affamata? Certo. Ma qualcuno ci deve spiegare per quale dannato motivo la sofferenza privata sia più accettabile di quella pubblica.

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