Sabato 31 agosto 2013 – Sant’Aristide martire – Roccella Jonica

Mia cara Mamma, rispondo alla vostra e tanto da me desiderata lettera, per dirvi che stiamo tutti bene con la grazia del Signore. Lo stesso spero per Voi. Mia Cara Mamma, qui in Australia la vita è dura, ma grazie a Dio, il lavoro non manca. Con il denaro guadagnato con la raccolta dei legumi, siamo riusciti ad acquistare un piccolo pezzo di terra. Certo, la casa è di legno e lamiere, ma qui, ora, fa caldo e, per l’inverno, speriamo di aver costruito una stanza in muratura. Sapete che noi siamo abituati ai sacrifici e non ci abbattiamo. Mia moglie lavora in una fabbrica di biancheria per bambini. Qui ci tengono a mandarli a scuola, i figli,  e li vogliono tutti precisi. Anche Rocco e Mariella vanno a scuola, ma quando finiscono lavorano con me, nelle terre nostre. Oppure vanno nei canali a prendere i granchi. In Australia si mangia tutto. Se li vedete voi, i granchi dei fossi, vomitate: hanno tante zampe e pure due zampe davanti a tenaglia. Da noi, al paese, non ci sono. Forse a Palmi, al mare, si vedono. Ma non credo. Vi penso sempre, Mamma. E un giorno spero di avere i soldi per pagarvi il biglietto per la nave e portarvi per sempre con noi, qui a Melbourne. C’è anche la Chiesa e un giorno a settimana la messa è celebrata in italiano. Come da noi. Ora Vi saluto e vi chiedo la benedizione. Pregate per me e per tutta la mia Famiglia. A voi il Signore non rifiuterà la grazia di riunirci. Io prego per Voi e non dimentico mai di accendere la lampada a olio per mio Padre. Dio lo benedica. Baciate i miei fratelli e le mie sorelle. Restano nel mio cuore e auguro a tutti loro e alle loro famiglie una vita serena, con lavoro e benessere. Ciao, Ciao, Pronta Risposta. …

Era il 1969… Era il primo aerogramma che mi capitava fra le mani, mentre le mie sorelle preparavano la risposta per una vicina di casa anziana che veniva a casa nostra per farsi aiutare dalle “signorine” che “avevano le scuole” a scrivere al figlio, emigrato in Australia… E, comunque,  neanche io avevo visto ancora i granchi con le tenaglie nelle zampe…

Partivano solo se avevano ricevuto “l’atto di richiamo” , i nostri emigranti, altrimenti non li facevano neanche scendere dalle navi. E le navi erano talmente grandi, che, io, al porto di Messina, una l’avevo scambiata per un palazzo che galleggiava. Altro che la barca dei pescatori della Tonnara… Per Adelaide, negli anni 50, partirono anche zio Mico e zia Tara, il fratello e la sorella di mia Mamma Concettina. Sono tornati solo una volta, negli anni 70. Poi, mai più. Lui non c’è più. Zia Tara e Mamma si vedono e si parlano su Skype. Miracolo del progresso. Ma ce la voglio portare, Mamma, in Australia. Magari a Natale. Chissà…

Chissà quanti dei migranti sbarcati in questi giorni a Roccella Jonica potranno scrivere alle loro famiglie rimaste laggiù. Chissà quanti potranno sentire la voce dei loro Cari al telefono. O vederli su Skype. Quando scendono dalle carrette del mare mi fanno tenerezza. Li porterei tutti a casa, per essere sicuro che ricevano le cure migliori. Poi, mi rendo conto che le persone che li aiutano fanno veramente del loro meglio per accoglierli e mi faccio da parte. Sarei di troppo e al posto sbagliato. E, poi, non posso negarlo, mi monta la rabbia. Prima nei confronti dei governi dei Paesi dai quali partono, perché li costringono a scappare dalla loro terra, dopo aver rinunciato a tutto. Poi, nei confronti dei nuovi negrieri, che li vanno ad imbambolare fin dentro le mura domestiche, per convincerli a vendere tutto, anche se stessi, e consegnare a loro il denaro ottenuto. Poi, ancora, odio puro verso gli scafisti di merda che li caricano all’inverosimile su schifosissime imbarcazioni sulle quali, già sanno, molti moriranno e finiranno in mare. E, così, il mio spirito cristiano si sporca e divento una furia. Questo sconcio, mi dico, deve finire. Non serve a nessuno! A Nessuno! Non ai migranti, che andranno incontro a mille difficoltà: l’Occidente non è più Bengodi. E’ un ventre rinsecchito, una mammella purulenta che non allatta più, una terra sterile di risorse e sentimenti. Non serve, questo cammino della speranza, nemmeno a noi: non ci “arricchiamo” con i loro arrivi fatti solo di richieste. Legittime, ma in tempi difficili. Ci spaventiamo, ci asserragliamo, ci difendiamo, ci arrocchiamo. Diventiamo inutilmente intolleranti e razzisti. Perché qui si soffre già per il collasso economico e sociale a cui ci ha portato una ricchezza mal vissuta e una democrazia fraintesa. Non serve ai Paesi da cui scappano, che perdono popolo e forza lavoro.  Serve solo alle mafie mondiali che si occupano di organizzarlo ed effettuarlo, questo Esodo, mettendo in cassa milioni di euro e dollari in contanti tutti i giorni. E, allora, fermiamoli. Fermiamo questo ennesimo lurido commercio, travestito da bisogno umano. Blocchiamolo sul nascere, con le diplomazie e, se serve, con gli eserciti.

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Interrompiamo questa vergogna universale e riflettiamo insieme, invece, su come aiutare l’Umanità a restare a casa propria. A lavorare nel proprio Paese. A garantire ai propri figli un futuro dignitoso. E a viaggiare solo per diletto e conoscenza. E non per paura.

… fra me e me. Seduto sulla spiaggia silenziosa di Roccella Jonica.

 

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