Mercoledì 25 settembre 2013 – Santa Aurelia – Taurianova

Quand’ero bambino, a Taurianova, le zingare entravano nel giardino di casa nostra almeno due volte all’anno. A Natale e a Pasqua “Signora bella, dammi qualcosa per i bambini…” Mia madre preparava un piatto  (magari sbeccato e vecchiotto) con della pasta al forno e della carne e, a parte, dei dolci, e glieli consegnava. “Dammi l’olio, per l’anima dei morti!” E, pronta, riceveva una bottiglia da un litro. “Però, ora vai…” e, ricordo perfettamente, mamma la accompagnava con gli occhi fino al cancello, poi aspettava qualche minuto, per non offenderla, e andava a chiudere il cancello. “Per favore, il cancello chiudetelo. Non vedete che le zingare entrano senza suonare?” Ma non c’era razzismo. Forse, una atavica paura. 

 

Le zingare hanno sempre fatto paura alle mamme. Da secoli. Forse, millenni. “Portano via i bambini”, dicevano e dicono. Nessuno ha mai provato il contrario. Né alcun rapimento è stato denunciato.

Fatto sta che sono le uniche straniere a far paura. Le altre, al limite, fanno antipatia, ma nessuno le teme. (Oddio, quelle dell’est, in questi ultimi anni, si sono attirate l’ira di migliaia di mogli tradite…) Le zingare, invece, sono odiate quanto e più dei loro mariti, figli, padri e fratelli, considerati dei fottutissimi scansafatiche, violenti con donne e bambini, ubriaconi e ladri.  Una cosa è certa: santi non lo sono! Con loro è difficile qualunque approccio. Io stesso, una decina d’anni fa, ci provai. Un amico monsignore in Vaticano mi chiese di occuparmi di una dozzina di zingarelli, intrattenendoli con un corso di teatro. Scettico, accettai. Due collaboratori del monsignore me li portavano in pulmino, tutte le domeniche pomeriggio, nei locali di una scuola al quartiere Portuense, a Roma. Un gruppo di giovanissime canaglie. Occhi furbi, corpi esili, agilissimi. Bocche cucite. Per i primi tre incontri, mi ascoltavano, ma non parlavano. Poi, una domenica, il miracolo. Parlò il primo, una sorta di capetto, e, dopo di lui, tutti. Da quella domenica in poi, cominciò il vero lavoro. Improvvisazioni teatrali, scenette ideate da loro, monologhi, confessioni. Ma non passarono molti incontri che arrivò la prima delusione: Dylan, il più bravo e sensibile, una domenica non arrivò. “Si sta sposando”, mi dissero. Aveva meno di 15 anni. “La sua fidanzata è arrivata da Montenegro”. Goran, 10 anni, non venne più perché sua madre, rimasta vedova giovane, aveva sposato un altro uomo che non amava il piccolo, che venne affidato (venduto, secondo me) a parenti a Latina. Seppi che lavava macchine. Al terzo abbandono, Daniel, 11 anni (padre arrestato per accoltellamento), mi arresi. Loro e noi siamo troppo diversi. A cercare di cambiare il loro destino, si perde la salute. Mentale. Le bambine, poi, a quel corso non vennero mai. Incatenate al loro destino sottomesso, non avevano diritto al divertimento. men che meno a quello organizzato da gente sconosciuta e fuori dal campo. Per loro, al limite, era obbligatorio partecipare agli stages tenuti dalle adulte su come assaltare i turisti a via del Tritone. In bande da cinque sei, tutte minorenni, armate solo di pezzi di cartone e velocità d’esecuzione. Veri portenti dello scippo! Il binomio zingaro – ladro viene automaticamente. E non solo in Italia, dove gli zingari, seppur temuti, hanno ottenuto, negli anni, più privilegi degli altri stranieri. Tanti privilegi. Troppi, forse. Assistenza, sussidi, scuole, corsi speciali, campi attrezzati (distrutti), case! Ridotte a latrine. Hanno occupato, invaso, usucapito. Nel silenzio complice di molti amministratori. Kashetu Kyenge, figlia di Kikoko, attuale Ministra, vuole proprio chiudere il capitolo campi rom: “Nei prossimi giorni avvieremo un percorso che faremo insieme alle istituzioni e alle comunità. L’obiettivo è l’integrazione e l’accompagnamento verso l’uscita dai campi“, ha dichiarato a Torino. Se li prende in carico lei, a casa sua? O dobbiamo aspettarci che lo stato espropri le nostre case, per assegnarle a loro? In Francia, sì, che li hanno chiusi i campi rom. Ma gli occupanti sono stati accompagnati fino a casetta, in Romania e Bulgaria. “Queste popolazioni hanno uno stile di vita estremamente diverso dal nostro”, ha dichiarato Il Ministro dell’Interno francese, Manuel Valls, alto esponente del governo del socialista Hollande. Ripetendo che l’unica soluzione possibile sia l’espulsione, in quanto, ha dichiarato alla radio France Inter, intorno ai campi nomadi proliferano “accattonaggio e delinquenza”. Tiè!

E l’Italia, allora? Cosa farà? Seguirà le direttive italocongolesi della ministra chiacchierona che a tutti promette un’Italia senza porte né finestre, un pò come le capanne a bordo savana? Oppure cercherà di salvaguardare decoro, buonsenso, legalità e POPOLO ITALIANO? Accogliere è giusto. Aiutare è doveroso. Ospitare è cortese. Il resto è rischioso. Molto rischioso. La Francia lo ha capito. E tiene dentro le mura solo i regolari e chi non delinque. Noi. forse, non siamo ancora sazi. Aveva ragione, per certi versi, Santa Oriana Fallaci. Con questo buonismo del piffero, che ha scancellato dal nostro DNA la vera bontà, stiamo compromettendo il nostro equilibrio. La forza delle nostre radici. La salute del nostro futuro. Apriamo le porte, sì, ma controlliamo chi entra. E quanti sono. E perché vengono. E quando se ne vanno. Perché ne abbiamo piene le balle di scippi, furti in casa, rapine, omicidi, interi condomini trasformati in campi rom senza legge né controllo. E Al diavolo! il politicamente corretto. Qui si tratta di difendere, ancora una volta, il nostro Paese. Anche da alcuni fra noi.

… fra me e me. Brindando alla Francia!

 

 

 

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