Martedì 8 ottobre 2013 – Santa Reparata – Zomaro, Aspromonte

 (Santa Reparata dovrebbe essere stata martirizzata nel III secolo dopo Cristo, ma di lei si parla solo dall’VII in poi. Per i nizzardi, il corpo, dopo il martirio, venne caricato su una barca che prese il largo guidata dagli angeli e approdò sulla spiaggia della città francese. Per i campani, la barca approdò sulle loro coste e il corpo venne traslato a Teano, dove riposa al sicuro delle mura di un monastero a lei intitolato…  Ah! Medioevo creativo e bugiardo…)

E, di bugia in bugia, s’è fatta la storia dell’Uomo! E il suo Inferno…

Mentre, in auto, salivo verso lo Zomaro, dopo aver attraversato Cittanova, la città dello stoccafisso famoso in tutta Italia, osservavo i boschi aspromontani ai lati della strada e riflettevo sulla sincerità della Natura. Ciò che nasce spontaneamente non si cura di trasformarsi in ciò che potrebbe o dovrebbe piacere agli altri da sé: se ne fotte alla grande. Ciò che sorge dalla terra, o scende dal cielo, non assume forma, semplicemente è com’è. Non vuole interessare nessuno e, soprattutto, non esclude nessuno e niente. E’ com’è. Non esiste, nell’ordine naturale, il concetto di bello e brutto, di buono e cattivo. Tutto è com’è. Nessuno e niente deve pubblicizzare, manifestandosi,  ciò che è ed ha: ciò che lo circonda percepisce l’altro per come è com’è. E noi? Noi, gli umani, invece, abbiamo creato un’arma costantemente carica e puntata: la mente! Che crede di percepire, ma non percepisce; crede di analizzare, ma non analizza; crede di giudicare, ma non giudica. Semplicemente, mente. “La Mente è la Grande Distruttrice del Reale: distrugga il discepolo la Distruttrice…” Lo dice “La voce del Silenzio”, il testo antico portato in Occidente da quella grande donna che fu Helena Petrovna Blavatsky. (v.)

(Helena Petrovna Blavatsky, una fra le menti più originali e percettive del Suo tempo. Fondatrice del Movimento Teosofico Moderno.)

Quando, a Roma, partecipavo agli incontri con il colonnello britannico Franck Stuart Formosa, teosofo di grande anima, nel suo piccolo appartamento a due passi da via Veneto, restavo incantato durante la lettura delle pagine dei testi antichi. Uno, appunto, “La voce del Silenzio”, lo porto sempre in borsa. Assieme alla Corona del Rosario. Vanno d’accordo. Il Primo mi ricorda cosa fare, la Seconda mi accompagna nell’impervio cammino.

 

Sono trascorsi oltre vent’anni da quei pomeriggi ricchi di meditazione e dubbi. Domande e attese. Nel tempo, che pur passava, ho avuto qualche silenziosa risposta. Mai definitiva. Incoraggiante, però. E tutto, a pelle. Perché della Mente non mi fido più. Né della mia, né di quella altrui. Mi abbandono alle sensazioni, come fanno le felci dello Zomaro. Come i miei cani ed il mio gatto. Come mio Padre, che imbrigliò la Sua, di Mente. La fece prigioniera e me la mostrò “Fidati sempre del tuo inconscio, ché il conscio è cretino e supponente.” Quanto aveva ragione…

Ma quanti sono i prigionieri della loro stessa Mente? Quanti i supponenti? I bugiardi? I codardi? Quanti si nascondono dietro al paravento del comodo sembrare senza essere? Il grande Pirandello, enorme conoscitore della libertà della Natura e delle mille trappole della mente umana, fece confessare ad una sua creatura  sono “Come tu mi vuoi” e ad altri “Così è, se vi pare!”, ben sapendo che la verità, quella con la maiuscola, stava da tutt’altra parte…

Oggi, mentre la Natura continua, inesorabilmente, il suo nobile cammino, l’Uomo con la minuscola ha creduto e crede di aver costruito un suo mondo parallelo, una natura a fianco, altrettanto credibili. Un nuovo territorio sui cui governare senza temere Dio. Il Virtuale. Un non luogo dove, però, tutti credono di incontrarsi veramente. E ne hanno pure paura. Soprattutto perché, non avendo corpo, se non quello impresso nella Mente che mente, in quel nuovo non mondo si dovrebbero incontrare giusto con le idee.

E, lì, la trappola! Nelle idee.

Nel mondo naturale, si sfiorano i corpi, si percepiscono le pelli, si inchiodano gli sguardi. Nel virtuale, ognuno si crea un’immagine propria dell’altro. Così come vuole che l’altro debba essere. E la propaga. La diffonde. Spera di incontrarla. Inutilmente. Perché, poi, ognuno è com’è. E non si concede alla trasformazione imposta in nome di una finta comunicazione. Da questo, le profonde inimicizie. Nate virtuali, prendono corpo e trasmigrano nel mondo reale. Inattese come un fulmine nel cielo terso.

Una delle peggiori vetrine delle nefandezze dell’animo umano sono i social network. Il non casa dove tutti si sentono a casa. Il non vita dove tutti raccontano vita. Spesso solitaria e malata. Affetta dal brutto morbo dell’amicizia preconfezionata in proprio, e senza pelle. O occhi. Tutti, infatti, nel loro peregrinare senza gambe su strade inesistenti, si fermano nelle non piazze e “chiedono l’amicizia”. Ma cosa vuol dire, mi chiedo io, “chiedere amicizia”? O lo sei amico, oppure no. Che senso ha avvicinarsi senza poter avvertire almeno l’odore dell’altro? Mi ci danno l’anima, rimuginando sulla domanda. Poi, in sogno, trovo la risposta. Per ignoranza di vita vera! Ecco perché! Per onorare la menzogna della Mente, che mente sapendo di farlo, senza ammetterlo mai. Ed Inventa la trappola con la quale cerca di catturare, appunto, la vita vera. Senza riuscirci mai…

Ecco perché mi accosto ai social col sorriso ironico del Gotama appoggiato sulle labbra, con lo sguardo benevolo del Risorto pennellato negli occhi, con la rassegnazione Socratica appoggiata sulle spalle. Perché tutto è com’è. Anche il Finto. E bisogna saperlo. E mantenere la dignità della missione… Basta affidarsi alla Natura. Quella reale. Licenziando la Mente bugiarda…

… fra me e me. Abbracciando un Amico.

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