Venerdì 15 maggio 2015 – Sant’Achille – Redazione SUD, can. 656 d.t. – Area industriale Porto  Gioia Tauro

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Leggo su Il Giornale.it  l’articolo di Sonia Bedeschi sugli immigrati scommettitori. Mi intenerisco per come Bedeschi si scandalizzi quasi per tale fenomeno. Mi verrebbe voglia di contattarla e rassicurarla: guarda che dalle mie parti, nell’Altra Italia, gli immigrati nelle sale scommesse ci sono dalla posa del primo mattone!

A qualsiasi ora del giorno, e fino a sera tarda, ogni centro scommesse viene visitato a getto continuo da centinaia di extranoi che si giocano l’impossibile. Cominciano timidamente con pochi euro, poi, mano a mano, aumentano la posta.

Mi chiedo sempre come facciano. Dove li trovino. Perché, a dire di tutti, per una giornata di lavoro portano a casa non più di venti – trenta euro. Suppongo facciano la spesa (quando non ricevono aiuti umanitari), mandino qualche spicciolo a casa, laggiù, in Africa o in Asia… Insomma, a casa loro… E, dunque, da dove arrivino i soldi per l’azzardo non si capisce bene.

Tempo fa, mi occupai di un gruppo di ragazzi africani che vivono su alcuni terreni occupati nella Piana di Gioia Tauro. Una settantina, in bassa stagione, che lievitano fino a duecento durante la raccolta degli agrumi. Fu un’impresa difficilissima. All’inizio distribuimmo viveri, poi vettovaglie e mobili, vestiti e giochi. Non vedemmo mai nulla di quello che demmo loro. Tranne il cibo (che, peraltro, a volte veniva guardato con sospetto), tutto il resto spariva alla velocità della luce. O lo vendevano, o lo spedivano da qualche parte. Fatto sta che non ne godevano, preferendo rimanere nella peggiore delle indigenze.

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Quando arrivammo per aggiustare una vecchia porcilaia abbandonata e sistemarci un piccolo allevamento di polli e conigli, finì che mangiarono polli e conigli, pur di non sprecare tempo ad allevarli.

C’era fra loro chi, pur vestito, curato e aiutato, trattato come fratello, non mancava di ripetere come un mantra “Tablet tablet tablet…” Voleva un Ipad! A fare che, mi chiedo ancora…

Già! Nessuna differenza con un giovane di qui. Schiavi entrambi di simboli di stato anche fuori luogo, direi! Inforcavano ed inforcano ancora le vecchie biciclette che qualcuno (temo di sapere chi) mette loro a disposizione per andare a lavorare o per raggiungere i centri abitati. Ma, molto spesso, sempre di più, quelle bici servono proprio a raggiungere tabaccai, bar, centri scommesse e sale giochi dove spendere decine di preziosissimi euro.

Sciocchi! Direbbe mia nonna. Coglioni! Dico io.

Oppure, non so come definirli. Perché mi assale il dubbio mefistofelico. E se, invece, quei soldi in più loro ce li hanno eccome??? E se esistesse una sorta di finanziatore che garantisce anche lo spasso? Magari controllato, ma sempre spasso? Non posso dimenticare quando a Reggio Calabria arrivò uno dei primi barconi stracarico di siriani. Tutti muniti di smartphone e tablet. Molto choosy. Su tutto: dal cibo ai vestiti. Anche un filino stronzi, aggiungerei. Uno di loro, intervistato, mi disse che non aveva alcuna intenzione di restare a lungo in Calabria, perché lo stavano aspettando in Nord Europa, dove la famiglia è proprietaria di una catena di negozi di ortofrutta. Una catena! Mio cugino Rocco si spacca la schiena in campagna e non è mai riuscito ad aprire un buco di fruttaeverdura. Uno. E non è certo un cretino. Solo che la terra non ti copre d’oro, quand’è poca e la vita non ti fa mancare i dolori e le preoccupazioni. Si massacra di fatica, il povero, e basta. Magari gli toccherà acquistare le mele in uno dei negozi dell’immigrato milionario.

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Altro che scommesse sulle partite di calcio e gratta e vinci. Questi hanno imparato alla grande come si diventa occidentali e capitalisti. Ma di quelli della specie peggiore. Tutti diritti e niente doveri.

Fra me e me. Magari pronto a emigrare in Africa…

 

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