Giovedì, 6 febbraio 2020 – San Paolo Miki – da Casa Spirlì, a Taurianova, Piana di Gioia Tauro

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Crocifissi. Sì, crocifissi a questo legno intriso di straziante innocenza, siamo. Vecchi, bambini, giovani Mamme, Padri piegati dal male. Moriamo uno ad uno, senza speranza di poter sfuggire alla condanna. Anche quando brindiamo, cantiamo, compriamo casa o partiamo in vacanza, se siamo figli di questa terra benedetta da Dio e maledetta dagli uomini, siamo solo dei morti dentro che aspettano di cominciare ad agonizzare.

Ci hanno avvelenato l’acqua. L’aria. Il pane e la Comunione. Sono corti i nostri giorni e i nostri sogni non arrivano all’alba. Le nostre stanze vedono la luce e sperano; poi, senza pietà, sposano le ombre e si bagnano di lacrime.

Cancro, lo chiamano. Ed è inciso con strafottenza maligna nella prima cellula che tutti noi, in questo spicchio di Piana di Gioia Tauro, portiamo in corpo. Ce lo hanno innestato maluomini che pensavano e pensano di essere signori della vita e, invece, sono servi maledetti della morte. Servi senza un alito di anima. Servi fatti di fango d’inferno. Che credono di avere potere su Dio, e, invece, piegati al potere del male,  non comandano nessun atomo del proprio lurido organismo. Seminano veleni e li chiamano incensi, i bastardi. E generano figli condannati alla stessa morte a cui hanno condannato noi.

Sono anni che “sgrappo lacrime” come fossero acini d’uva da macinare per il vino dell’altare. Anni che mi strazio l’anima con lacrime silenziose per non addolorare chi amo. Piango dentro come quella notte in cui uomini senza Dio nel cuore mi rubarono l’amore e mi ferirono il futuro fino a sempre.

Sono anni che non ce la faccio più a seguire con questo sguardo di sughero che mi è rimasto nelle pupille le bare della mia carne che si incamminano verso il giardino dei marmi. Anni fatti di mesi, settimane e giorni e ore e istanti maculati di nero cupo e sangue.

Sono milioni di milioni di istanti soffocati da una voglia di fermarmi sulla Terra e incamminarmi anche io su quella scala che spero mi possa accompagnare all’abbraccio dei tanti che mi aspettano. Poi, mi giro, La guardo, La sento respirare per me, La accarezzo con l’Amore che mi ha insegnato con tutte le Sue cure, da quando ero un’attesa fino a oggi che sono grigio di tempo e di strazi. Fermo l’ansia e mi vesto di calore divino, per donarle Serenità e Fiducia.

Lei, la mia Radice, mi ha allevato con il latte del dovere e le briciole della compassione; mi ha educato al servizio; mi ha insegnato a donare, soprattutto a chi soffre. Non posso lasciarla. Non posso ferirla con una partenza mia che non accetterebbe mai.

E, dunque, addormento con una ninna nanna di singhiozzi il mio dolore e porto, semino, sorrisi anche a Chi si incammina per gli ultimi passi. Fingendo vita, lo faccio.

Ma, mio Dio, in questa mia terra stiamo morendo innocenti. Per l’arroganza di pochi. Di loro. Dei servi morti della morte. Ed io, mio Signore, sono stanco di vederli, quegli innocenti, patire e finire senza nulla poter tentare di fare per liberarli da questa condanna. Perché nulla posso fare. Nulla!!!

Se non credere fermamente in un Mondo di Luce. E pregare. Urlando in silenzio, solo dentro l’anima. Per non disturbare, con il mio “stupido” dolore, la nascita di un nuovo fiore, di un altro giorno, di un altro uomo. Di una rinnovata speranza.

#frameeme

 

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