Parte del destino del governo Lega-5 Stelle si giocherà non solo nel rapporto con l’Europa, ma più in generale nei rapporti diplomatici che esso saprà costruire e valorizzare. Se da un lato abbiamo ben chiari alcuni dei principali supporters geopolitici di questo schieramento, dall’altro ci sono degli Stati, dei politici e delle personalità che, sebbene finora più defilate, potrebbero garantire un grosso aiuto diplomatico all’esecutivo se portate dalla propria parte.

Non abbiamo nessun dubbio sul sostanziale placet verso il governo in carica da parte della Russia e del suo Presidente Putin. Quest’ultimo, sebbene sempre cauto nell’esprimere apprezzamento verso questo o quel partito italiano e capace di mantenere un dialogo aperto con qualsiasi interlocutore, appare certamente più fiducioso delle possibilità diplomatiche verso Mosca di un governo ispirato dalla Lega e dai 5 Stelle rispetto, per esempio, ad un governo a guida PD, generalmente molto più atlantista ed europeista nelle proprie scelte.

Lo stesso dicasi per il gruppo Visegrad guidato dall’Ungheria di Orban, ovvero l’insieme di quei paesi mitteleuropei che negli anni hanno espresso perplessità e dure critiche verso il fenomeno migratorio e la gestione dell’accoglienza. La presenza della Lega e in particolar modo il ruolo di Matteo Salvini agli interni non potranno che rafforzare questo asse interno all’Unione, spostando forse in maniera decisiva la bilancia.

Molto importante quanto sottovalutata, venendo alle personalità meno analizzate negli ultimi giorni, l’importanza dell’appoggio dell’ala più antieuropeista della scena politica britannica. I negoziati tra UE e Gran Bretagna dopo la Brexit sono una porzione molto delicata dell’agenda politica europea, e in tal senso non stupisce l’apprezzamento di Farage verso Salvini, contando oltretutto che i pentastellati condivisero proprio con Farage il gruppo politico nell’Europarlamento. Non è da escludere quindi un sapiente lavoro di intesa tra falchi britannici e diplomazia italiana nei confronti di Bruxelles, in una singolare alleanza tra due paesi spesso divisi da interessi commerciali ma che, in rapporto all’UE, potrebbero saldare un fronte di critica piuttosto fruttuoso.

Ancor più decisivo sarà il tentativo di spezzare l’asse franco-tedesco. Ad oggi per farlo non esistono strade più percorribili di quella che parte dal supporto di Marine Le Pen e del Front National in vista della prima finestra utile per le elezioni francesi. Un compito arduo, vista la scena politica francese e vista soprattutto la sua legge elettorale prevedente il ballottaggio. Va però detto che la Le Pen è una delle progenitrici della moderna critica all’UE e che in quanto a fiuto politico è seconda a pochi. Altra carta a suo favore e a favore dei fronti sovranisti è la polemica di piazza montante contro Macron e le sue misure, ben lungi dall’essere risolta a favore del Presidente francese.

Altra fondamentale pedina è il ruolo degli USA e di Trump. Non va a mio avviso presa alla leggera la presenza di Steve Bannon a Roma proprio nei giorni caldi della nomina del governo, così come non va sottovalutata l’insofferenza dell’economia USA verso le misure economiche tedesche, volte da un lato all’austerità e alla sostanziale monopolizzazione commerciale del continente, dall’altro a tentativi di avvicinamento alla Cina e, su certe questioni, anche alla Russia. Avvicinamenti che per Trump rappresenterebbero uno spauracchio.

Evidentemente per l’Italia trasformarsi in una mera pedina dell’interesse statunitense, britannico o di chi per loro sarebbe un errore, ma saper sfruttare al meglio questa convergenza di interessi e la presenza di diverse questioni conflittuali aperte è quantomeno imperativo per poter fronteggiare con successo le sfide che si vogliono portare sui tavoli di Bruxelles.

Insomma, se il momento non è d’oro, quantomeno offre delle interessantissime prospettive d’azione per i contraenti del patto di governo e per la loro linea diplomatica. Starà alla loro bravura e anche alla loro machiavellica astuzia il saper sfruttare il tutto e, magari, consegnare al fronte populista europeo una vera e propria tempesta perfetta.

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