Che cosa si sono detti ieri Netanyahu e Obama nell’incontro che la stampa israeliana considera il più importante della carriera politica del primo ministro Israeliano? In attesa di saperne di più é legittimo credere che si sia parlato di “linee rosse”  piuttosto che di politica. Queste linee rosse sono le date e/o le condizioni in cui verrà deciso di passare dalle parole all’azione militare.

Il presidente americano nel suo discorso altamente politico tenuto domenica davanti al congresso annuale dell’AIPAC (American Israel Public Affairs Commettee, la lobby pro israeliana di Washington) ha affermato che la sua amministrazione non esclude l’azione militare qualora fosse convinta che l’Iran sia prossimo a possedere l’arma nucleare (linea rossa che Washington si é impegnata a non permettere ai dirigenti dell’Iran di oltrepassare). Tuttavia per Obama il momento é ancora lontano, convinto come é che le sanzioni finiranno per obbligare Teheran a piu miti consigli. Nethanyahu ritiene al contrario che le sanzioni non avranno altro effetto che accellerare la corsa iraniana alla bomba e chiede un chiaro impegno americano su come e quando intervenire militarmente. Il presidente ha sostenuto il diritto di Israele ad agire sovranamente in difesa dei propri intressi vitali. Senza esplicitare un automatico impegno americano, ha tuttavia ribadito in maniera netta l’appoggio che gli Stati Uniti daranno sempre a Israele.

Al popolo di Israele – se si legge fra le righe di questo lungo e retoricamente bellissimo discorso – ma non al suo primo ministro con cui le divergnze sulla questione palestinese restano profonde. Il divario fra queste due posizioni – appoggio incondizionato a Israele, ma non al suo primo ministro – é dimostrato dal riconoscimento pubblico che Obama ha voluto offrire al Presidente Shimon Peres, a cui ha concesso la più alta decorazione civile degli Stati Uniti. Il presidente dello stato israeliano non ha alcun potere esecutivo,  ma Shimon Peres, premio Nobel per la pace,  ha un’enorme influenza politica e morale sulla società israeliana oltre ad essere un sostenitore degli accordi di Oslo (esacrati dalla destra israeliana) e dell’intesa coi palestinesi.

Il messaggio critico che attraverso lui Obama ha inviato a Nethanyahu non poteva essere più chiaro nella sua finezza diplomatica. Cosa succederà ce lo diranno gli eventi anche perché nella questione iraniana quelli che parlano non sanno e quelli che sanno non parlano.  L’impressione che si ricava da questo incontro è che l’alleanza strategica tra Israele e gli Stati Uniti è sempre più stretta,  ma il dialogo tra Obama e Bibi resta problematico.