Conflitto israelo-palestinese: timidi segnali di speranza
L’interminabile crisi italiana fa passare inosservati avvenimenti che altrove occupano i titoli delle prime pagine dei giornali. Ad esempio il fatto che la Lega Araba dopo 13 anni ha rispolverato il suo piano di pace saudita per il conflitto palestinese con l’ammissione che la proposta potrebbe essere modificata per essere resa più “conforme – scrive nel suo editoriale l’International Herald Tribune del 4-5 maggio scorso – alle idee americane e israeliane” può sembrare un affare da nulla ma questo annuncio da parte araba potrebbe “essere molto significativo” e il “primo segno di speranza in molto tempo”. Perché?
- La nuova formula di pace della Lega Araba che prevederebbe, come la precedente, il riconoscimento di Israele da parte di tutti i paesi arabi – potrebbe, ad esempio, non contenere la richiesta del ritorno dei profughi palestinesi sul territorio dello stato israeliano e il riconoscimento della sua identità ebraica
- Da parte israeliana il ritiro sulla linea di frontiera del 1967 con possibili scambi teritoriali per includere nella zona israeliana la totalità o la maggioranza degli insediamenti ebraici creati nelle zone”occupate”.
Se un progetto del genere si concretizzerà é tutto da vedere. Ma se qualcosa cambierà in questo senso sarà dovuto non a un cambiamento di sentimenti da parte araba nei confronti di Israele e ancor meno da una diminuzione di sospetti delle intenzioni arabe da parte di Israle. Sarà dovuto dalla realizzazione da tutte le parti di 3 cambiamenti fondamentali di rapporto di forze nel Medio Oriente.
1. La perdita del monopolio arabo del petrolio con la trasformazione tanto degli Stati Uniti che di Israele da cliente a esportatore di gas.
2. La trasformazione dello Stato arabo nato dal colonialismo franco inglese nel secondo dopo guerra in coalizioni tribali o in qualche forma ancora poco chiara dello stato musulmano moderno.
3. Nelle conseguenze – ancora poco comprese in Occidente – della guerra religiosa inter islamica fra shiiti e sunniti.
Di fronte a questi enormi cambiamenti non ci sembra esistere in Occidente – ma neppure in Russia e in Cina nè strategie politiche nè visione storica degli avvenimenti. Ci sono improvvisazioni, vecchie concezioni militari caduche e soprattutto una mancanza di coordinamento fra le grandi potenze di cui si registra quotidianamente il bisogno di fronte all’impotenza internazionale nei confronti dell mattanza siriana.