Alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, con la scadenza dell’Unione Europea per l’adozione di un testo normativo ormai vicina, il tema delle concessioni balneari è tornato al centro del dibattito a Palazzo Chigi. Nonostante i continui richiami del Consiglio di Stato, le osservazioni critiche dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e le sollecitazioni dell’Unione Europea a intraprendere azioni immediate e definitive entro il 31 dicembre per la riassegnazione delle concessioni scadute, il Governo italiano sembra orientato verso una risposta che appare in contrasto con le aspettative europee.

Secondo alcune fonti, il Governo starebbe prendendo in considerazione un disegno di legge per prorogare di altri cinque anni le concessioni balneari in essere. Tale proroga sembrerebbe costituire una violazione del diritto dell’Unione Europea, specificamente della Direttiva Bolkestein (2006/123/CE), che prevede la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno e impone agli Stati membri di garantire l’accesso equo e trasparente alle concessioni demaniali. L’ulteriore estensione delle concessioni, oltre la data del 31 dicembre 2023, potrebbe infatti configurare un’inosservanza degli obblighi comunitari, esponendo l’Italia a nuove procedure di infrazione da parte della Commissione Europea, con potenziali sanzioni economiche significative.

Il decreto salva-infrazioni, di cui una bozza dovrebbe essere discussa nella riunione del Consiglio dei Ministri prevista per domani 30 agosto, include una mappatura delle coste italiane per determinare il livello di risorse disponibili e individuare le aree di maggiore interesse turistico. Questo strumento, pur presentandosi come una misura volta a conformarsi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in materia di uso razionale e trasparente delle risorse naturali, rischia di configurarsi come un espediente per ritardare l’applicazione effettiva della normativa comunitaria. La pubblicazione dei bandi di gara per i nuovi affidamenti, che dovrebbe essere immediata, viene così differita al 2029, in contrasto con il principio di “effetto utile” del diritto europeo, che richiede agli Stati membri di implementare le direttive in modo tempestivo ed efficace.

In questo contesto, la gestione delle gare viene demandata ai singoli comuni, a cui spetterà stabilire criteri di selezione orientati non solo sull’aspetto economico ma anche sulla qualità delle offerte. Tuttavia, questa decentralizzazione potrebbe generare problemi di uniformità applicativa e di compatibilità con i principi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), in particolare con quelli della libera circolazione dei servizi e della libertà di stabilimento, sanciti dagli articoli 49 e 56 TFUE. Un’eventuale frammentazione delle procedure di gara potrebbe infatti portare a disparità di trattamento tra gli operatori economici, in violazione del principio di non discriminazione.

Alcune delle disposizioni previste dalla bozza del decreto sollevano ulteriori perplessità in merito alla reale apertura del mercato e al rispetto dei principi di concorrenza. La previsione di un diritto di prelazione per i concessionari uscenti potrebbe configurare una restrizione della concorrenza, contraria ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, che richiede procedure di gara aperte e trasparenti per l’assegnazione di beni demaniali. Inoltre, l’introduzione di un obbligo di indennizzo per i nuovi concessionari a favore degli uscenti, calcolato sulla base di una perizia asseverata, rischia di costituire una barriera economica all’ingresso nel mercato, disincentivando la partecipazione di nuovi operatori, in particolare di piccole e medie imprese, e limitando di fatto la concorrenza.

La bozza dovrebbe prevede anche la possibilità di destinare un ulteriore 15% delle spiagge libere italiane agli stabilimenti privati, con l’obiettivo dichiarato di favorire la concorrenza. Tuttavia, questa misura appare problematica in termini di compatibilità con il principio della tutela dell’ambiente, sancito dall’articolo 37 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, e con l’esigenza di garantire un accesso equo e non discriminatorio alle risorse naturali.

L’Unione Europea continua a spingere per una liberalizzazione effettiva del settore, come richiesto dalla Direttiva Bolkestein, che mira a garantire l’accesso al mercato anche a nuovi operatori, interrompendo il perpetuarsi di concessioni tramandate da generazioni. Tuttavia, le misure che il Governo italiano sembra intenzionato ad adottare rischiano di mantenere intatta la situazione di monopolio o oligopolio attualmente esistente, senza apportare cambiamenti significativi.

In definitiva, tutte le concessioni balneari in vigore sono formalmente scadute il 31 dicembre 2023 e, secondo la normativa vigente, non possono essere ulteriormente prorogate. La mancata pubblicazione dei bandi di gara per l’affidamento delle concessioni demaniali espone il Paese al rischio di nuove procedure di infrazione per violazione dei principi di trasparenza e non discriminazione sanciti dal diritto dell’Unione Europea, con possibili sanzioni economiche e danni reputazionali significativi.

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