A stagione ormai quasi conclusa e dopo il recente sciopero di categoria del 9 agosto, il Governo continua a lavorare alla ricerca di una soluzione normativa che possa risolvere la questione delle concessioni balneari. La discussione si focalizza principalmente su due modelli alternativi: da un lato, il “modello governativo” che prevede il diritto di prelazione per i concessionari uscenti accompagnato da un’indennità per gli investimenti effettuati sulle spiagge; dall’altro, il cosiddetto “modello Bellaria”, dal nome del primo Comune italiano che lo ha proposto.

Il “modello Bellaria” si fonda sull’idea di costituire un contratto di partenariato pubblico-privato (PPP), ritenuto lo strumento giuridico più idoneo per promuovere la cooperazione tra enti pubblici e imprese private in materia di infrastrutture e servizi, con una prospettiva orientata al medio-lungo termine. In base a questa proposta, il privato sarebbe chiamato a effettuare investimenti sul litorale, volti alla realizzazione di opere di interesse pubblico, a fronte del rinnovo automatico della concessione in essere da parte dell’ente comunale.

Giuridicamente, questa fattispecie si configurerebbe come una forma di partenariato contrattuale, ai sensi dell’articolo 174, comma 3, del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023). Tale norma sancisce la possibilità di stipulare accordi basati sulla cooperazione tra soggetti pubblici e privati, con l’obiettivo di progettare, costruire e gestire opere pubbliche. Tali accordi possono essere attuati sia attraverso le procedure tradizionali sia mediante il meccanismo del project financing.

Tuttavia, a un’analisi più approfondita, il “modello Bellaria” presenta criticità che ne compromettono l’efficacia risolutiva. In particolare, il rinnovo automatico della concessione rischia di violare i principi di pubblicità e trasparenza nell’iter di selezione, come sancito dalla Direttiva Bolkestein e ribadito dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. Questo automatismo potrebbe perpetuare una condizione di privilegio per gli attuali concessionari, in contrasto con la necessità di aprire il mercato a una concorrenza effettiva e trasparente.

Proprio per queste ragioni, la proposta del “modello Bellaria” non ha ancora ottenuto il nulla osta dal Comune di Rimini, che sembra esitare nell’adozione di una soluzione che potrebbe risultare incompatibile con il quadro normativo europeo e con le esigenze di trasparenza e concorrenza richieste.

In questo contesto, è fondamentale considerare anche l’evoluzione della giurisprudenza in materia di concessioni balneari. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha più volte ribadito l’importanza di garantire un’effettiva concorrenza e il rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza. Tali principi impongono che la scelta dei concessionari debba avvenire attraverso procedure competitive e aperte, che consentano a nuovi operatori di accedere al mercato, evitando situazioni di monopolio o oligopolio che potrebbero danneggiare gli interessi dei consumatori e compromettere l’equilibrio del mercato.

Inoltre, la Corte Costituzionale, nel recente passato, ha confermato la necessità di conformarsi alle disposizioni europee, sottolineando come il legislatore nazionale non possa introdurre deroghe o eccezioni che compromettano la piena applicazione della Direttiva Bolkestein. Questo orientamento giurisprudenziale pone ulteriori limiti all’adozione di modelli che prevedano il rinnovo automatico delle concessioni, costringendo il legislatore a ricercare soluzioni che siano in linea con il diritto dell’Unione.

A fronte di queste complessità, il Governo potrebbe dover rivedere le proprie strategie, valutando la possibilità di introdurre misure che favoriscano una transizione graduale verso un sistema di concessioni più aperto e competitivo, ma che allo stesso tempo tutelino i diritti acquisiti e gli investimenti già effettuati dai concessionari attuali. Una possibile soluzione potrebbe consistere nell’adozione di un regime transitorio che consenta di bilanciare le esigenze di apertura del mercato con la necessità di non penalizzare eccessivamente gli operatori economici già presenti, garantendo un periodo di adeguamento sufficientemente lungo.

Infine, è opportuno considerare l’impatto socio-economico che una riforma del sistema delle concessioni balneari potrebbe avere sulle comunità locali e sul settore turistico nel suo complesso. Le concessioni balneari rappresentano, infatti, una risorsa fondamentale per molte economie locali, e qualsiasi intervento normativo (anche locale) dovrà tenere conto delle peculiarità del settore, al fine di evitare effetti negativi sul tessuto economico e sociale delle aree costiere.

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