L’articolo 27 della Costituzione recita così: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Ma quale senso di umanità c’è nel non permettere a un detenuto che sta già scontando la sua pena di non potere andare – tra l’altro sotto la sorveglianza della scorta – a fare visita al padre gravemente malato?

Bisognerebbe chiederlo ai giudici che hanno negato il permesso. Motivo del diniego? Il padre non era in imminente pericolo di vita. Così ha sentenziato la Corte d’Appello di Napoli. Sicuramente (si spera) le toghe avranno consultato i medici o avranno fatto le indagini del caso per esprimersi così. Fatto sta che neanche un mese dopo il padre del protagonista della vicenda muore.

“’La cosa che più mi rattrista – ha raccontato l’uomo ai collaboratori del Garante dei detenuti che si sta interessando del caso – è sapere che mio padre aspettava me per morire. Lo sciopero della fame non me lo riporterà, né riuscirà a placare la rabbia di ingiustizia. Voglio solo esprimere pacificamente il mio dolore per evitare che, in futuro, si verifichino altri casi del genere”.

Ma la storia non finisce qui. Perché al detenuto non è stato nemmeno permesso di presenziare alle esequie o di vedere la salma prima della cremazione. Motivo? La Corte di Appello non ha risposto alla richiesta avanzata.

 

 

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