IMG_2918Che cos’hanno in comune Vittorio Sgarbi, Philippe Daverio e Luca Nannipieri, oltre ad essere considerati delle teste matte e avere l’insana logorrea dei critici d’arte? Hanno in comune questo: l’arte l’hanno mischiata – sciaguratamente, spericolatamente – con la politica. Molti non ce lo perdonano. Dicono: o ti occupi d’arte o fai il politico. La storia, in realtà, dimostra che intellettuali, scrittori, filosofi, artisti, storici dell’arte hanno da sempre intrecciato il loro lavoro con l’agone politico: tra i viventi, il filosofo Massimo Cacciari è stato più volte sindaco di Venezia e l’intellettuale Claudio Magris è stato senatore; il noto e riverito critico d’arte Giulio Carlo Argan (1909- 1992) è stato sindaco di Roma e senatore; il giornalista e saggista Alberto Ronchey (1926-2010) è stato ministro dei Beni culturali; il filosofo Benedetto Croce (1866-1952) è stato deputato, senatore e ministro della Pubblica Istruzione; lo storico dell’arte Dominique-Vivant Denon (1747-1825) è stato il braccio armato di Napoleone nel saccheggio delle opere d’arte nelle città per portarle al Musée Napoléon di Parigi, poi chiamato Louvre; il grande romanziere Victor Hugo (1802-1885) è stato deputato e senatore e al suo funerale, che fu lutto nazionale, parteciparono milioni di persone, “la plus grande foule jamais rassemblée à Paris”, la più grande folla mai riunitasi a Parigi; il filosofo Montesquieu (1689-1755) è stato consigliere del Parlamento di Bordeaux; Dante Alighieri (1265-1321) ebbe vari incarichi governativi, tra cui priore di Firenze, mentre metteva mano alla divin poesia e alla volgar prosa; e tra gli antichi, basti citare Socrate, non c’è distinzione alcuna tra attività intellettuale e testimonianza politica. Arte, filosofia e politica hanno sempre coabitato lo stesso ossigeno da respirare. Chi disconosce questo, dimostra solo un’ignoranza colossale.

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