“Craxi, l’ultimo statista italiano”, tra socialismo di governo e nuovi orizzonti geopolitici
Bettino Craxi è una figura contraddittoria della storia della Repubblica Italiana. Un leader controverso, certamente carismatico e coraggioso, capace di incarnare un’era e di incarnarne i vizi, i meriti, la profondità, lo stile a tutti gli effetti. Assieme a Giulio Andreotti è stato uno dei principali protagonisti della politica estera italiana del dopoguerra, coi suoi continui tentativi di emancipazione da tutele pressanti, zone d’influenza e diktat stranieri.
Una figura che vive anche di una certa mitizzazione, di un encomio che come spesso accade coinvolge leader di epoche passate costretti a confrontarsi con le penurie del presente politico, in paragoni spesso scorretti, ma che rendono l’idea di un disamore sempre più profondo tra il popolo italiano e la sua classe dirigente. Se la stagione incarnata da Craxi e dai suoi uomini di partito sia complice o estranea rispetto a questo disinnamoramento è difficile dirlo, così come è difficile consegnare alla storia un ritratto e una biografia del leader socialista scevri da influenze, dubbi, partigianerie.
Ci ha provato Francesco Carlesi nel suo ultimo lavoro, Craxi, l’ultimo statista italiano, pubblicato dalla giovane casa editrice del Circolo Proudhon. Un lavoro capace di affrontare la figura dell’ex primo ministro con occhio storico, fondendo abilmente i fatti di cronaca e i principali scenari in cui Craxi è stato protagonista con la storia e l’immenso patrimonio storico ed ideologico del Partito Socialista Italiano, partito fondativo, potremmo dire, della stessa Repubblica e della stessa nazione italiana, con gli ideali del risorgimento che costituiranno sempre un importantissimo fulcro del background politico craxiano.
Il Risorgimento come emancipazione e creazione collettiva e condivisa, come un compromesso tra diverse istanze ed anime. La politica stessa è compromesso e lo sa bene Craxi, maestro nello scalzare Berlinguer e distruggere le fondamenta del compromesso storico tra PCI e DC, consegnando la figura del segretario comunista dapprima all’inazione e poi alla postuma mitizzazione.
Craxi è un protagonista dei rapporti internazionali dell’epoca, maestro di revisione critica di una storia, quella socialista, fatta spesso di capisaldi ed ortodossie da rispettare, verso cui Bettino e gli uomini a lui più vicini tuttavia sapranno proporre una rilettura, un adeguamento ad una Italia in ripresa, vogliosa di consumo, di vita ed entusiasmo, stretta tra i pericoli di una globalizzazione incombente e nuovi, striscianti pericoli in arrivo. Una figura al tempo sopravvalutata e sottovalutata, schiacciata, più che dalla volontà di riesame storico, da una ancor troppo forte difesa d’ufficio o attacco preconcetto, capaci di rendere quasi impossibile, ad oggi, una analisi critica sul leader socialista.
Se si vuole almeno provare a farlo, slegandosi da biografie ed agiografie, il libro di Francesco Carlesi è un ottimo specialmente dal punto dell’evoluzione politica socialista, capace di riassumere in una lettura scorrevole le principali direttrici dell’azione craxiana all’interno del partito e delle stanze del potere, per un lascito che resta fondamentale, nel bene e nel male, per le sorti della politica italiana e dei rapporti internazionali del Belpaese.