Intervistiamo oggi Frank Merenda, celebre esperto di marketing e comunicazione che, partendo dalla sue esperienza pratica sul campo come imprenditore in differenti settori, divulga moltissime informazioni su vendita e marketing ai professionisti che vogliono far crescere la propria azienda. Oltre ad aver creato brand quali Venditore Vincente e Marketing Merenda ha fondato diversi franchising molto popolari. È autore del best seller sulla vendita professionale Vendere Fa Schifo (se non sai come farlo)” e può vantare la propria formazione con figure importanti del marketing quali Al Ries, Dan Kennedy e Jay Abraham. Attualmente conduce in televisione il docu-game sul business “Adesso il Capo Sono Io”, nel quale guida alcuni giovani imprenditori verso il raggiungimento del loro sogno di mettersi in proprio ed aprire un’azienda di successo. Il programma è in onda tutti martedì su La 5, ore 23.20.

1) Signor Merenda, il nostro paese sembra trovarsi al bivio tra una possibile crescita e un sentimento di sfiducia sempre più diffuso, coadiuvato da una disoccupazione giovanile troppo alta, con molte persone costrette a dover trovare fortuna all’estero. Qual è a suo avviso la reale situazione dell’Italia e del suo sistema economico?

In questi ultimi anni la situazione non è stata delle più semplici e spesso le persone hanno smesso di spendere come facevano prima. Il mondo dell’imprenditoria italiana, come quello del lavoro, si è trovato senza dubbio a fronteggiare una situazione sconosciuta e difficile da affrontare. A me, però, piace sempre essere molto pratico. Ecco perché sento di espormi di più su un altro concetto, ossia che – semplicemente – non siamo più nel dopoguerra degli anni ’60, dove ogni cosa andava ricostruita e quindi c’era “tutto per tutti” anche senza fare troppi sforzi. Oggi il mercato si è “normalizzato”, i mezzi di comunicazione si sono moltiplicati e tutti hanno accesso alle informazioni grazie a internet. In un piccolo distretto cittadino ci sono altre cento persone che dicono o fanno la stessa cosa che faccio io. Ci sono altre cento persone che vendono quello che vendo io. La vera sfida per il nuovo imprenditore è quella di dover spiegare a più persone possibili perché dovrebbero scegliere lui piuttosto che un qualsiasi concorrente raggiungibile con un click sul web, oppure quella di convincere il cliente a compiere un’azione invece che decidere di non comprare niente. In Italia le aziende sono per la maggior parte piccole e micro imprese che, se non imparano a comunicare la loro idea differenziante ai clienti, continueranno imperterrite ad essere messe a confronto tra di loro e a finire nella guerra del prezzo. Questa non è assolutamente una strategia “sana” per avere successo, anzi. Abbassare i prezzi, a meno che non si abbia un grosso capitale da investire per fronteggiare le perdite, a breve termine brasa completamente il budget di un’azienda, costringendola a chiudere. La soluzione a tutto questo esiste, ed è quella che predico da tempo e che insegno agli imprenditori che studiano da me, ovvero puntare sul marketing e sulla comunicazione. La situazione difficile in cui è immersa l’Italia deriva dal fatto che le aziende non hanno mai fatto marketing e per una congiuntura fortunata abbiano – negli anni d’oro – sempre avuto clienti senza bisogno di cercarli. Semplicemente “arrivavano i fax con gli ordini”. Ora che il mondo è cambiato drasticamente – purtroppo per le famiglie coinvolte ma fortunatamente per le nuove generazioni di imprenditori – non c’è più spazio per operare in questo modo. L’unica via da percorrere è quella di imparare a fare marketing per comunicare la propria idea differenziante a più persone possibili e gestire le vendite in maniera professionale per capitalizzare sui contatti che provengono dal sistema di acquisizione clienti e convertirli in fatture, contratti e più soldi in generale.

2) Se lei domani divenisse ministro dell’economia e del lavoro, su quali settori punterebbe maggiormente l’attenzione e quali misure promuoverebbe per ridare slancio all’economia del nostro paese?

Non mi sbilancio a dare una risposta tipo “investirei su questo o quello”, semplicemente perché non esiste un settore “che tira più di un altro” nel senso stretto della frase. Quello che mi sento di dire è che il futuro è nelle mani delle aziende che avranno il coraggio di fare proprio un concetto fondamentale per avere successo: la “focalizzazione”. In Italia le aziende sono per abitudine portate a pensare “che cos’altro possiamo fare per attirare più clienti?”. La realtà è che questo tipo di pensiero porta i business a fallire, distruggendo la loro immagine e sgretolando i soldi che investono nel creare nuovi prodotti che non comprerà nessuno. Non importa in che settore operino, se nella ristorazione, nel mondo della bellezza o quello assicurativo. Sono certo che le aziende che usciranno vittoriose dalla guerra che si sta svolgendo oggi nel mercato italiano, sono quelle che si concentreranno sulla domanda “cosa possiamo smettere di fare, per concentrarci solo su ciò che davvero funziona – sull’unico prodotto, idea, concetto che porterà al successo l’azienda?”

3) l’Italia e le sue eccellenze, un argomento talvolta retorico, ma che a nostro avviso deve essere approfondito per poter collocare stabilmente e con successo il nostro paese in un mondo sulla via della globalizzazione. Crede che quest’ultima sia più un vantaggio o una risorsa per l’economia della nostra nazione?

In generale le eccellenze italiane e tutte le meraviglie che abbiamo in questa terra, sia a livello di menti eccelse, che dal punto di vista culturale, storico e territoriale, sono assolutamente un punto a favore della nostra nazione. Il problema dell’Italia è che abbiamo tante belle cose da offrire al mondo ma non sappiamo spiegarlo abbastanza bene. Quello che dobbiamo imparare dai paesi più avanzati di noi a livello di marketing e vendita è proprio come fare per“venderci meglio”  – spiegando in maniera più focalizzata quello che possiamo offrire – senza rimanere arpionati solo al “fare bene”.

4) Cosa consiglia ai tanti giovani italiani che dopo il loro percorso di studi vivono delle difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro?

La prima cosa che i giovani italiani devono capire, se vogliono avere successo nella vita, è che per avere anche solo una minima possibilità di non essere tagliati fuori dal mondo del business è conoscere la lingua inglese ad un livello avanzato. Senza l’inglese non sei in grado di capire nemmeno se quello che ti viene insegnato sono informazioni di qualità, oppure parole senza alcun valore. Per giovani che hanno voglia di lavorare e fare esperienza al di là dei banchi di scuola c’è sempre posto, che sia in Italia, che sia all’estero. Il mio consiglio è quello di dotarsi fin da subito, mentre si sta studiando o alla fine del percorso universitario, di tutta una serie di competenze che siano d’aiuto per “vendersi” nel mondo del lavoro. In un mondo che sta cambiando, dove è sempre più difficile trovare un posto di lavoro nella maniera tradizionale e dove la frase “mando il curriculum europeo a raffica, mi richiameranno prima o poi” non funziona più ormai da molti anni fondamentale diventa il sapersi distinguere dalla massa, quindi è importante che i ragazzi imparino a familiarizzare molto presto con concetti come “copywriting”, l’arte di scrivere per vendere, marketing e vendita; sono gli unici che li aiuteranno a costruire una “casetta degli attrezzi” infallibile per farsi notare, sia che vogliano lavorare in una grande azienda, sia che il loro sogno sia quello di mettersi in proprio.

5) Quanto pensa sia importante il personal branding in questi anni e quanto crede possa servire una corretta comunicazione sui social network per sviluppare il proprio business?

Il tessuto italiano per fortuna è costellato da imprenditori davvero in gamba. Anche tra i miei studenti e clienti ho tantissimi dentisti, avvocati e liberi professionisti. In questo settore è fondamentale imparare a vendere se stessi nella giusta maniera. In Italia si pensa erroneamente che “essere dei professionisti” solo perché lo dice la laurea attaccata al muro, o perché hai aperto uno studio, sia abbastanza per vivere bene e avere da mangiare. In realtà non è così. Prendiamo in esempio il caso di un commercialista: dovrebbe essere un esperto di marketing che vende le sue competenze di gestione economica del conto aziendale, ma se non è in grado di acquisire dei clienti, le sue competenze non gli permetteranno di mettere insieme il pranzo con la cena. Come per un commercialista, saper vendere se stessi (che si traduce più semplicemente in “essere un grado di fare del buon marketing”) e le proprie competenze in un particolare settore – sia online che offline – è assolutamente fondamentale per chiunque possiede una partita IVA.

Intervista a Frank Merenda di Alessandro CattoPolitica è Comunicazione

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