La sinistra perde perché ha smesso di rappresentare gli ultimi
La sinistra perde e i ceti subalterni italiani votano Lega e 5 Stelle semplicemente perché la sinistra ha smesso di rappresentarne da tempo le istanze. Non c’è altro da dire. Non c’è alcun complotto populista, non c’è nessun asse (sic!) tra falchi tedeschi dell’austerità e leghisti per delegittimare un presunto “progresso”, che probabilmente solo gli elettori democratici vedono.
In questi anni nel panorama leftist, dalle ali più moderate ma pure da molte più alternative, ci si è sentiti dire che non si possono ridiscutere i trattati europei o ridiscutere le leggi dei mercati finanziari, che è fascista porre paletti all’immigrazione senza sosta, che difendere i lavoratori italiani dalla concorrenza al ribasso è un qualcosa di razzista, che favorire gli italiani nei criteri di assegnazione delle case popolari è di destra, che aiutare gli italiani a fare figli è razzista e populista. Ci si è sentiti dire, insomma, che il mondo va accettato così com’è perché “è il progresso, bellezza” con una visione lineare da borghesi della belle époque da fare invidia a qualche maccartista fuori tempo massimo.
Una sinistra che ha smesso di lanciare la propria sfida alle stelle e che non esita nemmeno a delegittimare chiunque tenti di farlo, accusando di populismo, o addirittura di frustrazione, quell’elettorato che non ha alcun interesse a perseguire questa corsa al ribasso ideale e materiale. Un progressismo che con buone probabilità avrebbe fatto iscrivere ai Cinque Stelle o alla Lega pure un Pasolini.
Non c’è quindi da stupirsi se oggi gli ultimi della globalizzazione votano Lega e 5 Stelle e se nel proscenio progressista, a fare le battaglie in difesa delle architetture dominanti, restano solo manager lautamente pagati, mass media, accademici ed intellettuali organici, borghesia dei buoni sentimenti. Non è altro che il risultato di uno spostamento di poli e di prospettive che la stessa sinistra decenni fa ha inaugurato rinunciando a qualsiasi seria prospettiva di rivendicazione sociale che non richiamasse i soliti fumosi linguaggi politichesi, le solite cervellotiche quanto inconcludenti programmazioni, la solita lenta agonia avente come sfondo l’abbandono del popolo minuto. Oggi, semplicemente, di questo percorso se ne raccolgono i frutti.
Una sinistra utile oggi dovrebbe cominciare a:
1) recuperare la logica di classe all’interno del contenitore nazionale, contrapposta al buon mito della globalizzazione, tramite anche una mutua collaborazione con i lavoratori di altre nazioni, puntando all’emancipazione delle stesse e non all’esodo dei loro figli o all’immigrazione, qui, di interi eserciti industriali di riserva di marxiana memoria.
2) rendersi conto del valore e dell’utilità delle identità e delle patrie (piccole o grandi che siano) come bastione di difesa dei diritti acquisiti dei lavoratori e dei cittadini, in contrapposizione allo smarrimento e al mito del “cittadino del mondo” senza radici e senza capacità rivendicativa.
3) riproporre una vera, schietta, decisa e popolare redistribuzione sociale
4) lasciar stare i cantori da attico newyorkese e magari, di grazia, recuperare Marx, Gramsci, Lenin.
5) slegarsi da un progressismo liberal-europeista più confacente a forze centriste e liberali che ad una forza di popolo
Lo si capirà? Lo dubito fortemente. Allora ben vengano le forze populiste.
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