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Il richiamo all’antifascismo di salotto, di studio e di tutto comodo ha sempre il suo perché, specie se, come abbiamo assistito negli ultimi anni, da posizione palingenetica e antisistemica diventa un mezzo per giustificare la conservazione del presente, nonché di tutte le architetture economiche, politiche e sociali dominanti all’epoca della globalizzazione.

Capita così di assistere a piè sospinto ad accuse di fascismo lanciate come encicliche, pure verso il governo o verso suoi ministri. Tutto normale, se non fosse che quel che stanno ottenendo gli intellettuali e gli accademici impegnati a farle è, spesso e paradossalmente, proprio la normalizzazione e quotidianizzazione di tale ideologia.

Se, infatti, qualsiasi ipotesi di presenza dello Stato sui temi pubblici, dalla sicurezza all’economia, o qualsiasi ipotesi di governo alternativa al cosmopolitismo economico e morale diventa fascismo, va da sé che il fascismo storico perde i contorni di un evento storicamente determinato e diventa un qualcosa di immanente, con la dignità di alternativa ad un ordine considerato erroneamente giusto ed immodificabile a priori.

E’ proprio questo psicodramma rivelato della platea liberal a riportare quotidianamente in auge una ideologia che sarebbe già storicamente superata, ma che invece non viene mai archiviata né consegnata ad un giudizio oggettivo.

Proprio grazie all’antifascismo compulsivo si avvicina il fascismo alle categorie del quotidiano e del possibile, non lo si marginalizza nemmeno come un qualcosa di estremo e razionalmente improbabile, ma lo si mette a disposizione della platea, tanto che paradossalmente larghissime fette di popolazione possono essere portate a pensare che “se sicurezza, contrasto all’immigrazione irregolare e regolamento del mercato sono fascismo, forse il fascismo è ciò che può difendermi”.

Se tutto è fascismo, niente è realmente fascismo. Diventa inutile poi stupirsi della crescita dell’estrema destra in tutto il mondo occidentale, se la sua ideologia viene da decenni dipinta come l’alternativa in perenne agguato al dominio dei mercati, delle migrazioni e della non-presenza della politica dinanzi ai grandi mutamenti globali.

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