La Siria è ad una svolta?
Se la notizia data ieri sera da una TV israeliana verrà confermata e cioè che il generale Riad El As’ad ha disertato formando un “comitato rivoluzionario” è possibile che la situazione in Siria sia giunta a una svolta.
Di diserzioni di militari ve ne erano già state, ma si trattava di soldati e di ufficiali subalterni che rifiutavano di
sparare sui manifestanti probabilmente per legami di clan. Il generale El As’ad è un personaggio ai vertici dell’esercito e per di più (salvo errore) appartenente alla minoranza alwita al potere a cui appartiene il clan del presidente.
Ma perché solo adesso? Perché sangue e sofferenze non contano in un regime autoritario sostenuto da molti interessi esterni. Russia e Cina si oppongono alle sanzioni che l’America vorrebe imporre attraverso un voto del Consiglio di Sicurezza. La Turchia teme il caos lungo la sua frontiera meridionale e Israele lungo la sua frontiera settentrionale. La Lega Araba se ne infischia della sorte dei Fratelli arabi a meno che non si tratti degli arabi in Israele (i più liberi, democratici e con un PIL superiore a quello di tutti gli arabi del Medio Oriente, sauditi inclusi) o dei palestinesi che si sono ben guardati di sostenere la Primavera araba.
Ci sono poi due altre ragioni di peso. La prima è il timore che la rivolta delle masse in Siria favorisca l’emergere di un Islam radicale su cui l’influenza di al Qaida sarebbe determinante. Non a caso il successore di Bin Laden, Ayman al Zawahiri sostiene la rivolta in Siria.
La seconda ragione è la convinzione che sino a tanto che l’esercito restava fedele al regime , questi non sarebbe caduto. La defezione del generale El As’ad potrebbe essere la prima incrinatura nella colonna portante del regime. La sua vera portata sarà misurabile da ciò che succederà a Damasco. Sino a tanto che la capitale si mantiene tranquilla il regime non crollerà. Troppi sono gli interessi finanziari, burocratici, settari (in particolare quelli della minoranza alawita che detiene tutte le leve del potere) per i quali la caduta del Raiss rappresenterebbe non solo un disastro ma una sanguinosa resa di conti.