Dopo il miracolo il collasso economico: la Turchia come l’Argentina?
Nelle ultime settimane organizzazioni governative turche hanno acquistato pagine pubblicitarie nei maggiori giornali americani per attirare l’attenzione del pubblico internazionale sui vantaggi di investire in Turchia. Un paese che da anni sviluppa la sua economia a ritmo asiatico, dotato di una popolazione giovane, di un governo democratico stabile, con accesso a mercati medio orientali e africani, al quinto posto nell’economia mondiale. Tutto vero. Perché allora la banca d’affari e di investimenti Goldman Sachs ha consigliato ai suoi clienti di vendere le loro “posizioni” nella più grande banca turca la Garanti Bakasi?
Lo spiega, fra gli altri, uno studio sull’economia turca apparso nell’ultimo numero del Middle East Quaterly in cui si parla del prossimo collasso del “miracolo economico” turco che potrebbe essere simile a quello argentino del 2000 e messicano del 1994 entrambi i collassi avvenuti dopo periodi di espansione economica.
In parole povere si tratta di questo. Il governo, per ragioni soprattutto elettorali, ha massicciamente finanziato le banche islamiche vicine al partito del premier Erdogan. Queste a loro volta hanno fatto una generosa politica creditizia responsabile dello sviluppo del mercato interno. Gli acquisti di consumo sono aumentati del 53%, molto meno quelli destinati alla produttività. Il debito estero é inferiore a quello greco o portoghese ma con le importazioni aumentate di due volte nei confronti delle esportazioni la moneta turca ha perduto il 25% del suo valore in confronto al dollaro e il suo valore in borsa è sceso del 40% .
Questo nel momento in cui i mercati medio orientali e africani su cui la Turchia contava per lo sviluppo della sua economia si sono ristretti a causa delle convulsioni politiche interne e della crisi dell’economia mondiale. A questo si aggiunge il fatto che la Turchia, per anni sostenitrice di una politica di buon vicinato con tutti i paesi confinanti o nella regione, é entrata in collisione con l’alleata Siria, con l’Europa (per la presidenza affidata nei prossimi sei mesi a Cipro), con Israele per lo scontro nato dal tentativo di rompere l’embargo su Gaza, con la Francia sulla questione armena, con l’Iran per via della base elettronica di intelligence e anti missilistica (contro l’Iran) della NATO sul suo territorio, con la minoranza curda con cui da anni é impegnata in una guerriglia che anche in questi giorni ha fatto 35 vittime con una azione di bombardamento aereo, sembra oltre i suoi confini.
La situazione turca appare cosi più fragile di quanto la stampa vorrebbe far credere e gli alti tassi dei buoni del tesoro turco non dovrebbero indurre in errore.