Nel corso della mattinata del 19 giugno 2024, la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge n. 615, riguardante l’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, con 172 voti favorevoli e 99 contrari. Questo provvedimento legislativo rappresenta il culmine di un processo politico-legislativo avviato nel 2017, segnato all’epoca da due referendum consultivi nelle regioni Lombardia e Veneto. Il disegno di legge è di natura procedurale e serve a implementare le modifiche al Titolo V della Costituzione. Attraverso i suoi 11 articoli, stabilisce le procedure legislative e amministrative necessarie per applicare il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, che riguarda le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, come delineato nell’articolo 117, comma 3.

Un aspetto cruciale della legge è l’attenzione ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP), i quali fissano i criteri per determinare il livello minimo di servizio che deve essere garantito uniformemente su tutto il territorio nazionale. La definizione dei costi e dei fabbisogni standard si basa su una valutazione della spesa storica dello Stato per ciascuna Regione, analizzata nel dettaglio nell’ultimo triennio.

La premessa del testo legislativo chiarisce in modo dettagliato le finalità perseguite, principalmente incentrate sulla valorizzazione dell’autonomia regionale. Questo obiettivo si concretizza attraverso la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, realizzando il principio di decentramento amministrativo, e mirando a eliminare ogni forma di disparità economica, sociale e territoriale a livello nazionale. La realizzazione di tale scopo avviene mediante l’elaborazione di un’intesa tra lo Stato e la Regione interessata. Questo processo inizia con una richiesta formale da parte della Regione e si sviluppa attraverso un approfondito procedimento negoziale che coinvolge il Governo, entrambe le Camere del Parlamento, gli enti locali e il Presidente della Giunta della Regione coinvolta.

Il provvedimento legislativo definisce con precisione i procedimenti per stabilire intese tra lo Stato e le Regioni che richiedono l’autonomia differenziata in specifiche materie, quali tutela della salute, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio estero. Questi accordi tra Stato e Regione devono indicare espressamente la durata del patto, che non può superare i dieci anni, e sono soggetti a rinnovo automatico in assenza di comunicazioni contrarie da parte delle entità coinvolte. Inoltre, è prevista la possibilità di interrompere l’accordo mediante una delibera delle Camere, approvata con maggioranza assoluta.

Il trasferimento di funzioni alle Regioni presuppone inizialmente la definizione dei LEP di riferimento. Tali livelli sono soggetti a revisioni periodiche attraverso decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.), a seconda dei limiti e delle variazioni delle risorse finanziarie allocate dalle leggi di bilancio. Qualora l’aggiornamento dei LEP comporti oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, l’attuazione dell’autonomia regionale dovrà attendere l’approvazione e l’entrata in vigore dei provvedimenti che stanziano le risorse necessarie. Inoltre, la legge conferisce una delega esplicita al Governo affinché, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge, adotti uno o più decreti legislativi per stabilire i livelli essenziali minimi.

Per prevenire squilibri economici tra le Regioni derivanti dall’adozione differenziata dell’autonomia, la legislazione prevede misure perequative. Queste sono destinate ai territori che non aderiscono all’autonomia differenziata e consistono nel fornire risorse finanziarie aggiuntive. Tali risorse sono specificamente allocate per il finanziamento dei servizi e delle funzioni per i quali è previsto il trasferimento.

Una volta verificato il rispetto dei LEP, le Regioni possono procedere rapidamente alla richiesta di trasferimento delle otto materie che non sono soggette a limiti essenziali. Queste includono i rapporti a livello comunitario e internazionale, il commercio con l’estero, le professioni, la protezione civile, la previdenza complementare e integrativa, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, nonché la gestione delle casse rurali e delle aziende di credito a carattere regionale, inclusi gli enti di credito fondiario e agrario.

La norma di chiusura del disegno di legge introduce una clausola di salvaguardia che conferisce al governo il potere sostitutivo nei confronti degli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni. Questo intervento è permesso qualora gli enti locali risultino inadempienti rispetto agli obblighi derivanti da trattati internazionali o normativa comunitaria, o in situazioni di grave pericolo per la sicurezza pubblica. L’intervento governativo è inoltre giustificato dalla necessità di preservare l’unità giuridica e economica del paese, con particolare attenzione alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali.

In conclusione, mentre i LEP uniformi sono concepiti per garantire la parità dei servizi offerti ai cittadini in tutto il paese, da Nord a Sud, l’effettiva uniformità delle prestazioni dipenderà significativamente dai finanziamenti che lo Stato sarà in grado di allocare. Questo è cruciale per ridurre le attuali disparità e assicurare che tutti i cittadini godano dello stesso livello di diritti civili e sociali, in conformità con i principi dell’articolo 119 della Costituzione. Pertanto, l’attuazione effettiva dei LEP richiede non solo un impegno legislativo, ma anche un sostegno finanziario adeguato per realizzare una vera equità territoriale.

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