Parla il re degli immigrati
Il sindaco dei sindaci finalmente parla. A modo suo naturalmente. Lo fa a TeleMia, nella televisione amica. Parla sì, ma senza essere interrotto perché altrimenti “mi alzo e me ne vado”. (E così, alla fine, ha fatto). Stiamo parlando di Mimmo Lucano, il re dell’accoglienza. Retribuita. Si, perché a Riace, in provincia di Reggio Calabria, nel paese dei balocchi, nell’isola felice, nella città degli immigrati, “senza soldi non si cantano messe”. Senza soldi “l’accoglienza” vacilla e gli immigrati scalpitano. Ma lui si giustifica: “La colpa è dello Stato. Noi abbiamo bisogno dei soldi per portare avanti il nostro progetto.” Ha dichiarato Lucano che, però, non vuole sentire parlare della relazione prefettizia (da noi pubblicata in esclusiva qualche tempo fa) che lo inchioda. “Quella non vale. Ce ne sono altre due… altre due. Perché non sono state pubblicate? Perché parlano bene! Sì, parlano bene! Me lo hanno detto.” Dice quasi orgoglioso. Può darsi, ma il sistema ormai sembra essere fallito. E ad accorgersi non è stata solo la procura di Locri, ma anche la Rai che, dopo aver speso centinaia di migliaia di euro dei contribuenti per produrre un film su Mimmo Lucano, pare non voglia più mandarlo in onda. Perché, in fin dei conti, di relazione ne basta una. La prima! E lì che la triade prefettizia scopre gli altari e sbugiarda Mimmo Lucano. Molte cose non tornano: le parentele; gli affidamenti diretti; i bonus per gli immigrati; i rimborsi spese e tanto altro. Ma lui su quello non si pronuncia. Svia, sfugge. Per lui è tutta un’invenzione, una “macchina del fango” costruita contro il suo “modello”. Accusa perfino in diretta tv gli ispettori del Governo di aver scritto contro di lui per interessi personali.
Per Lucano non ha molta importanza seguire le regole “troppo severe” imposte dallo Stato; non ha importanza fatturare ogni cosa. Per lui è tutto normale. “Se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede, senza accorgermene” dice il sindaco. Quasi dimenticando di amministrare la cosa pubblica, i nostri soldi. Milioni di euro. Forse si sarà disorientato a furia di stampare moneta. La sua moneta. Quasi come fosse il sovrano di un regno fatto di immigrati e pochi cittadini. Naturalmente insieme alle cooperative che hanno intascato i soldi grazie ai suoi affidamenti diretti. E che oggi, dopo i reati ipotizzati dalla Procura di Locri di abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata, non partecipano alla gara d’appalto pubblica. Preferiscono quella fiduciaria, firmata da Lucano. Il re degli immigrati. Spodestato.