È proprio vero: non c’è limite all’indecenza. Soprattutto per i consiglieri regionali (d’oro) della Calabria. Sapete cosa hanno combinato questa volta? Si sono aumentati il vitalizio. Si, proprio così! Altro che tagli e restrizioni. In Calabria queste parole sono davvero sconosciute. I sacrifici valgono solo per i cittadini, guai a chiederli alla casta. Ai politici.

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L’aumento è dell’1,1%. Beh, poco direte voi. E invece no! Perché come scrive su IlGiornale.it Pietro Bellantoni, questo aumento costerà alle casse della regione circa 120 mila euro in più all’anno. Soldi che si aggiungono ai circa 10 milioni – DIECIMILIONI – già spesi annualmente per pagare tutte le pensioni d’oro. I paperoni sono 144 senza contare le pensioni di reversibilità. Soldi su soldi intascati mensilmente dalle vedove o dai figli rimasti orfani. Un vero esercito di privilegiati. “Tutto meritato” dice qualcuno di loro. “Ho lavorato per dieci anni venti ore al giorno” (un po’ difficile da credere) dichiara convinto Antonio Borrello, ex consigliere regionale. “Mi spetta di diritto.” È la solita frase pronta all’uso. Ricordiamo a Borrello e agli altri  che la legge se la sono fatta loro. Un diritto “autoacqusito”.

Ma il motivo dell’aumento è un vero insulto nei confronti di chi non arriva neanche alla fine del mese. “Bisogna adattare le (ricche ndr) pensioni al costo della vita che, secondo gli ultimi dati Istat, è aumentato”. Certo, più di settemila euro al mese sono troppo pochi per vivere dignitosamente nella regione più povera d’Europa. C’è la necessità di aumentarli. Senza pudore, senza alcuna vergogna. Senza alcun imbarazzo. Anzi, si giustificano pure. Non ci pensano neanche a rinunciare. E mentre il portafoglio dei politici si ingrossa, quello dei calabresi si restringe. Sempre di più.

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