Prima gli italiani, anche a Riace nel paese dell’accoglienza
Attento, a Riace fischia il vento. Potrebbero cantare così i compagni anarchici al più indisciplinato sindaco (ex) della storia della repubblica Mimmo Lucano. Sì, perché il vento nel piccolo paese della Calabria divenuto famoso nel mondo per l’accoglienza è cambiato. L’uragano “Lega” si è abbattuto sul paese dei migranti. Il partito di Matteo Salvini alle elezioni europee ha incassato oltre il 30% dei consensi. Un cittadino su tre ha preferito Matteo Salvini a Mimmo Lucano, il compagno che, qualche mese fa costretto agli arresti domiciliari, salutava dalla sua finestra col pugno chiuso. Oggi Lucano è un uomo libero, si è ricandidato al consiglio comunale ma ha perso. Non siederà nemmeno tra i banchi dell’opposizione. La democrazia lo ha fatto fuori, buttato via dalle mura del palazzo municipale. E questo non piace ai comunisti (veri fascisti).
“Lucano ha pensato troppo ai migranti e poco a noi. Ecco perché non lo abbiamo più votato”. “Ho votato Matteo Salvini perché mi piace!” dicono alcuni un cittadini seduti nei coloratissimi gradini dell’agorà, un tempo spazio dedicato ai neri d’Africa.
Il sindaco neo eletto è Antonio Trifoli, è di destra e la sua politica contro i migranti a quanto pare ha pagato. “Bisogna pensare di più alle nostre radici, alle nostre origini. Dobbiamo ricordare chi siamo, negli ultimi 15 anni lo abbiamo dimenticato. Non possiamo valorizzare gli altri, gli stranieri. Qui si è pensato troppo ai migranti e meno ai riacesi. Con Lucano ultimamente non si poteva più parlare. Pensava solo allo Sprar, a stampare moneta con la faccia di Che Guevara.”
Il motto “Prima gli Italiani” funziona anche a Riace. Trifoli sta già pensando di sostituire i cartelli di “Benvenuto a Riace, paese dell’accoglienza” con “Benvenuto a Riace, il paese dei Santi Medici Cosma e Damiano.” E chissà se aggiungerà anche “Riace, il paese degli italiani”. Intanto lui si affida ai santi, proprio come Salvini.
Il borgo calabro è semi deserto e, da quando il Viminale ha chiuso il rubinetto dei finanziamenti da 5 milioni di euro l’anno, i migranti non si vedono più. I vicoli sono spenti e i murales dell’accoglienza sbiaditi. Bruciati dal sole e corrosi dall’umidità. I simboli dell’anarchia stanno quasi scomparendo come l’odore dei cibi africani. Finiti i soldi finito il progetto. Senza denaro (tanto) non si accoglie, neanche a Riace. Ma non era il paese della gente dal cuore tenero con “l’altro”? I professionisti dell’accoglienza sono spariti e la sede sembra abbandonata. Il nuovo ufficio dell’ex sindaco Lucano (in esilio dal suo paese dopo le inchieste che lo hanno travolto) è il tavolino di un piccolo bar di Caulonia, una cittadina non molto distante da Riace. Lì riceve i giornalisti, gli amici e i sostenitori. Sogna di tornare, di fare le cose in grande. Di accogliere ancora, ma anche i migranti sembrano avergli voltato le spalle. Come i suoi elettori. Insoddisfatti del suo “modello”.