Salvini e i Terroni. Come la mettiamo con le parole di Bossi?
È il 23 dicembre, la vigilia della vigilia di Natale. Al suono della sveglia delle 07.00 ho aperto gli occhi e ho pensato: “è un giorno come gli altri. Si torna a casa e sarà il solito Natale.” Ipocrita. Come la gente che finge di volerti bene e ti saluta con grande affetto augurandoti “buone feste a te e famiglia”. Invece no. Non è un giorno come gli altri. È un bel giorno. L’unica Frecciargento Roma – Reggio Calabria arriva al binario 7. La banchina è affollata più del solito. Mamme, bambini, mariti. Passeggini e bagagli. Tanti bagagli. E giochi. Molti.
Stranamente la Freccia 8345 parte puntuale. Alle 08.58. La chiamano freccia solo perché salta qualche stazione e tira dritto verso la Calabria. Risparmiando così un po’ di tempo. In realtà è un comune treno. Come quelli che ci sono al Sud. No, non è comodo come le freccerosse. Niente alta velocità. Si sa, il Paese è diviso in due. Spezzato da vecchi retaggi culturali e mala politica. Neanche i 5 stelle sono riusciti a cambiare le cose. E non ci riusciranno. Si illude chi pensa il contrario. “Prima la TAV!” Dicono. Perché regalare l’alta velocità agli ‘ndranghetisti? Per farli arrivare prima a Roma o a Milano? Meglio evitare. Come se la ‘ndrangheta non fosse infiltrata bene in quei territori. È arrivata perfino in Valle D’Aosta. Come nel resto d’Italia.
Il treno dei Terroni è pieno. I vagoni diventano casa, anche se per poco. Precisamente quattro ore e mezza. Il tempo di raggiungere la Nostra Terra. Il Meridione. I bambini sono felici. E la loro felicità è contagiosa. Si stupiscono per qualsiasi cosa. Loro non si lamentano. Sono tutti felici di tornare a casa, nella propria Terra. La Terra di Calabria. Bella e dannata. Maledetta dalla classe dirigente. Così la chiamano. A casa li aspettano le nonne, felici per l’arrivo dei nipotini che non vedono da tanto tempo. Il sugo sarà già sul fuco. Le polpette in forno. C’è un bambino accanto a me, avrà due anni, con due grandi occhi ghiaccio. È in braccio alla sua mamma. Elenca balbettando il nome dei nonni e degli zii. È felice. Felice di rivederli. Felice di viaggiare. Guarda fuori dal finestrino e indica il cielo. “Aturro”, dice. Gioca. Spensierato.
C’è chi legge e chi, assorto, guarda fuori dal finestrino. Il tempo scorre, come i pensieri. C’è chi ascolta musica e chi socializza. Chi si preoccupa per il proprio cagnolino e chi studia. Sono i migranti. Siamo i migranti. Li osservo e non posso che pensare ad Umberto Bossi, e alle sue ultime parole pronunciate al congresso federale della Lega. “Mi sembra giusto aiutare il Sud, mi sembra giusto, sennò se non li aiutiamo ‘a casa loro’ straripano e vengono qui. È un po’ come l’Africa”. Penso. E mi trattengo dallo scrivere. Poi mi ricordo del suo grande sogno “la Padania libera ed indipendente”. Per fortuna è infranto. Sono contento che Salvini abbia cambiato pelle alla Lega. Che abbia cancellato Bossi e i suoi compagni. Che abbia archiviato il rito dell’ampolla. Del partito fondato nel 1989 da Bossi resta solo il ricordo. Brutto. L’acqua del Po è evaporata e la boccetta di Bossi è stata riposta da Matteo Salvini per fare spazio al Presepe. Il verde lega si è sbiadito e il blu è dominante. Il simbolo cambia e il partito si evolve. Un partito che esiste in funzione del “capitano”. E, speriamo, negli interessi degli italiani. Anche dei Meridionali. Dei terroni.