Riina in tv è giornalismo
Quando è stata l’ultima volta che si è parlato di mafia in tv? Chiedetevelo. Io non me lo ricordo. Potrei azzardare quando il figlio di Vito Ciancimino faceva le sue comparsate nel salotto di Santoro. Ma parliamo già di anni fa. Non voglio comunque fare come Gasparri che, a torto o ragione, per difendere l’intervista di Vespa al figlio di Riina cita quelle dell’ex conduttore di Servizio Pubblico. Non sono i conduttori il punto, bensì gli intervistati.
La mafia è una realtà atroce ma è fatta da una pluralità di racconto e quella dei figli dei mafiosi è una delle voci del racconto. Non sentirla o non trasmetterla sarebbero queste la vera forma di negazionismo della mafia.
E, giornalisticamente, sapere come viveva uno dei più atroci criminali della storia mondiale durante la sua latitanza è una notizia. Seppur raccontata dal figlio.
Di cosa si lamenta la Bindi? Non si lamentò per Ciancimino jr. e per il figlio di Bernardo Provenzano intervistati da Santoro e lo fa adesso per Riina? Lei, presidente della commissione antimafia, che ha dichiarato di non essere un’esperta di mafia? Ecco, Vespa le sta dando l’occasione di conoscerne un aspetto, una angolatura.
Che colpa ha il conduttore di Porta a Porta? Nessuna. Come nessuna colpa ebbe Enzo Biagi quando intervistò Luciano Liggio in prima serata o come il giornalista Rai Giuseppe Marrazzo quando intervistò il camorrista Raffaele Cutolo o la rivista Rolling Stones quando ha intervistato El Chapo o SkyTg24 quando ha intervistato Carmine Schiavone.
È il giornalismo, bellezza. Mentre la mafia è una montagna di merda. E non sarà il figlio di un mafioso (peraltro condannato con pena già scontata per associazione mafiosa) a ripulirla.