Bloccare i barconi è un dovere morale
Bloccare le navi ONG che vogliono attraccare nei porti e chiudere questi ultimi non è più una semplice questione di ordine pubblico e sicurezza. Attenzione, ci sono sicuramente ragioni burocratiche e sicurezza da tenere in altissima considerazione, ma la battaglia ormai è soprattutto morale, politica ed ideologica. Il messaggio deve arrivare lungo l’asse nord-sud: a nord verso Bruxelles ed i paesi europei continentali e a sud verso le masse umane che dall’Africa più profonda vogliono provare ad arrivare in Italia.
A Bruxelles e a Berlino deve arrivare un messaggio forte e chiaro: il nostro paese non sarà mai più la pattumiera d’Europa, dove poter scaricare senza troppi rimorsi migliaia e migliaia di disperati in cerca di fortuna economica. Ed una sola nave che attracca, come è successo con la Sea Watch, è un segnale politico di debolezza che inviamo ai nostri “partners” europei e non possiamo permettercelo.
Verso sud invece il messaggio deve arrivare forte e chiaro prima di tutto alle centinaia di migliaia di persone che vogliono muoversi dall’Africa verso l’Italia: non c’è posto, l’Italia non è l’eldorado e lungo la vostra strada troverete solo mafie e mafiette disposte a tutto pur di lucrare sulla vostra pelle, il gioco non vale la candela. Un altro messaggio deve arrivare ai trafficanti di esseri umani, via mare e via terra e di base sia nel Sahel sia nel sud Italia: gli affari per voi sono finiti (io aggiungerei anche che li verrei a prendere con le forze speciali, ma questo è un mio giudizio).
Devono essere messaggi forti, e sinceramente non troverei sbagliata l’idea di lanciare una grande campagna di public affairs nei paesi africani per sconsigliare i viaggi della speranza verso il vecchio continente.
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