Piero-Armenti

Piero Armenti è un imprenditore italiano a New York, fondatore dell’agenzia di viaggi “Il Mio Viaggio a New York”, ed influencer sui social media, con un enorme seguito di giovani e meno giovani. Sicuramente non tacciabile di simpatie destrorse e repubblicane, anzi, a dirla tutta Armenti era uno di quelli che ha partecipato ad Occupy Wall Street, periodo in cui lui stesso si definiva “sandinista e cheguevariano”, un po’ simile ad Alexandria Ocasio-Cortez.  Di passi in avanti Armenti ne ha fatti, ovviamente lontani dal Che, e ora leggete un po’ quello che ha da dirci sul politicamente corretto in America ( e sui socialisti americani).

 

In America ormai va di moda essere woke, per cui il mondo corporate è pronto a tutto pur di saltare su qualsiasi carro “politicamente corretto”.  Pochi giorni fa hai scritto un post su Facebook in cui hai detto una cosa ovvia: se delegittimi la polizia e gli tagli i fondi, poi è ovvio che i gangsters imperversano. Ma l’attacco diretto lo hai fatto alla “sandinista” AOC, che sembra non accettare più i valori morali fondamentali dell’America, e lo abbiamo visto anche nel boicottaggio di Goya, azienda fondata da un immigrato spagnolo che ha scalato la società americana. Il sogno americano è finito? Conviene essere woke nell’America di oggi?

I democratici gettano benzina sulle tensioni razziali, e per molti deputati, come AOC, è la questione della razza lo strumento per scardinare i valori fondamentali dell’America che sono creatività, impegno, talento, innovazione, per sostituirli con quelli tipici dei modelli falliti egualitari. Non è un mistero che Bill De Blasio, il sindaco di New York, fosse un attivista della rivoluzione nicaraguense. Il rischio è che però lo scontro razziale veda tutti penalizzati, quindi bisognerebbe cercare di ragionare. Sicuramente il razzismo va combattuto, ma gli Stati Uniti non sono l’inferno da loro raccontato, e se lo fosse le minoranze scapperebbero via, ci sarebbe la fila di afroamericani e latinos alla frontiera con il Canada. Io che vengo dal Sud Italia sono dovuto andare via da una regione realmente depressa economicamente, nessuno in America deve emigrare per queste ragioni, nessuno emigra in Europa. Tutti vogliono rimanere qui.  Perché al netto delle chiacchiere, è ancora il luogo in cui puoi costruirti il tuo orticello felice. Se togliamo di mezzo la pandemia, scopriamo zero disoccupazione e tante opportunità imprenditoriali. Non è il paradiso in terra realizzato, ha i suoi problemi, ma è di gran lungo meglio vivere qui che in gran parte del resto del mondo. Come vengono trattate le minoranze in Cina? In Russia? O nella stessa Europa? Le periferie di Parigi sono meglio di quelle di New York? Credo di No. Se uno lavora e fa scelte oculate, in un paese come questo ha una vita dignitosa, perché il lavoro c’è, e i prezzi sono decrescenti. Purtroppo molti sono causa del loro male, e non ha senso scaricare le colpe individuali su cose accadute centinaia di anni fa. Riguardo invece alle imprese che tendono ad essere woke, credo che  in parte sia vera militanza, come i fondatori di Ben&Jerry che sono davvero convinti esponenti di BLM, e io li apprezzo perché credono nelle loro idee e le appoggiano fino all’estreme conseguenze, in parte è pura convenienza: i dipartimenti marketing devono allineare in brand alle tendenze giovanili, e in giovani in genere sono più rivoluzionari. Il caso della Nike è evidente. 

Per te come imprenditore, lasciamo stare le tue idee politiche , cosa ti conviene di più: vittoria di Trump o Biden?

Se parli della mia impresa, mi conviene Biden perché con Trump c’è stato un clima negativo nei confronti dell’immigrazione, quindi è difficile assumere persone qualificate dall’Europa, cosa di cui ho bisogno per la natura della mia impresa. Purtroppo così come i democratici gettano benzina sul fuoco delle tensioni razziali, dall’altro lato Trump cerca consensi facile grazie all’odio e la diffidenza verso lo straniero. Un atteggiamento sbagliato sovranista e nazionalista, perché l’America è fatta da immigrati e deve continuare ad attrarre le migliori intelligenze o anche le persone più motivate. Non può chiudersi su se stessa, come fosse la Corea del Nord, e negare la sua origine. Ero infatti molto positivamente colpito dalle idee sull’immigrazione di Hillary Clinton, e la sua sconfitta per me è stata molto dura da digerire. 

Quando leggo Reuters e il WSJ l’America sembra una macchina da guerra nella creazione di posti di lavoro. È un fattore culturale innato negli americani? Perché in Europa e in Italia non è più così? 

Non so farti paragoni con l’Europa. Ma credo che gli europei non capiscano fino in fondo i valori degli Stati Uniti, perché bisogna fare un salto intellettuale non indifferente. A me ci sono voluti anni. Ma questo è veramente la terra della democrazia realizzata. Dove vieni dal nulla, e senza connessioni politiche puoi cambiare la tua traiettoria di vita. Mi ricordo un vecchietto emigrante nella mia città. Ero un giovane studente Giurisprudenza e lui era diventato molto ricco in America, e mi disse che senza conoscere nessuno, il governo statale gli dava appalti su appalti solo perché lavorava bene. E lui diceva: non so come fosse possibile, io credevo che fosse come in Italia che devi conoscere. L’America in questo è grande, e se fai scelte oculate, riesci ad avere una vita che altrove non avresti. Torniamo al concetto di democrazia realizzata. Pensa una terra come New York dove hai una metropolitana aperta 24 ore al giorno che annulla la differenza tra centro e periferia, dove senza parlare inglese, in poche ore ti trovi un posto di lavoro notturno in qualche deli, e dopo qualche anno diventi il proprietario. Dove senza documenti migratori puoi aprirti un conto in banca. Ci sono autisti Uber che guadagnano 3mila dollari a settimana, lavorando 12 ore al giorno, ma decidono loro di farlo. La libertà individuale viene prima di tutto, e in questo capirai la distanza rispetto alle battaglie politiche italiane per tenere chiusi i centri commerciali la domenica. La signora delle pulizie per tre ore di lavoro, da me si prende 120 dollari. Poi ripeto puoi sperperarli o usarli bene, se li sperperi ti trovi ai margini, e non è colpa del razzismo, è una questione di scelte personali. Altrimenti hai una vita dignitosa. Perché invece di abbattere le statue di Colombo o scrivere BLM di fronte alla Trump Tower, non andiamo a spiegare nelle periferie come per esempio gestire il proprio stipendio in maniera oculata, o come aprire un’azienda, o come presentarsi ad un colloquio di lavoro. Perché spesso mancano queste piccole cose.   

Quanto è cambiata la comunità Italo-Americana? Chi è ora l’immigrato tipo dall’Italia? Che lavori svolge? Che consigli daresti ad un giovane che vuole venire in USA?

Gli italoamericani e gli irlandesi hanno costruito New York, non è un mistero, e continuano ad essere importanti in questo paese, anche se lo sono sempre meno. Il flusso di emigrazione europea è fermo da tempo, oramai siamo solo a terze e quarte generazioni. Per un giovane che viene negli Stati Uniti consiglio tre cose. La prima è di venire qua a fare qualcosa di grande, non accontentarsi. Vieni qua per giocarti la tua vita nel più grande palcoscenico mai esistito. Dai il tutto per tutto, se non ci riesci la prima, la seconda e neanche la terza volta puoi sempre tornare in Europa. La seconda: frequentate gente che vi apre la mente, che vi incoraggia, che siano d’ispirazione, che facciano cose. Non pensatori astratti e consumatori compulsivi di chiacchiere. Non chiudetevi nella confort zone della retorica mediocre: il mondo fa schifo, la mia vita è fallita, tutto è perduto. Non è vero. Dovete avere fame. Ne ho parlato anche nel mio romanzo Una notte ho sognato New York. Quando arrivai la prima volta a New York io ero molto simile a AOC come persona, cheguevariano e sandinista. Andai in piazza a protestare insieme al movimento Occupy Wall Street contro l’1% più ricco. Un signore elegante mi fermò e mi disse: Invece di protestare contro l’1% più ricco, perché non provi a diventare tu l’1% più ricco. Questa è l’America, questo il pensiero americano che agli europei sfugge. Col tempo elaborai questa cosa, e poi sono diventato imprenditore, e in dieci anni da una topaia nel Queens, vivo in un appartamento luxury con balcone e vista a Manhattan. L’America mi ha cambiato. E ne sono felice. Io devo ringraziare le persone che ho incontrato lungo il cammino. Terzo consiglio: se c’è da fare lavori di merda, fateli. Io all’inizio andavo a prendere i turisti all’aeroporto con il cartello, e avevo già un dottorato, pubblicazioni scientifiche, ma qui ero un immigrato come un altro. Certo provavo rabbia, ma da quella rabbia creativa ho maturato la forza d’animo per cambiare il mio destino. 

 

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