Roma monnezza
Roma peggiora a vista d’occhio. L’immondizia è ormai una condizione dell’anima, uno status psicologico, un abito. Non te ne accorgi neppure più. Ci abiti attorno, ci convivi, la accetti quasi naturalmente, come naturalmente accetti le rughe sul volto e i capelli che si imbiancano. Inizia a far parte di te, ad entrare nel paesaggio interiore ed esteriore che ti aspetti. Una discarica improvvisata in più o in meno, sulla via Tuscolana o sulla Flaminia, non la rilevi neppure. La dai per scontata. Appunto fa parte del paesaggio consueto, come gli uccelli e i platani sul Lungotevere. È il momento peggiore: il momento in cui un cancro da pericolo diventa convivenza, accettazione, quotidiano concubinato. Non esiste solo la cura della bellezza. Esiste anche la cura della bruttezza, ed è quando ti convinci che, in fondo, la sporcizia c’è sempre stata, che l’ideologia igienista esagera tutto, anche la percezione della monnezza, che i grafici della raccolta differenziata sono in miglioramento. Quando lo stomaco non ti si rivolta più dallo schifo e lo accetti. È questo il momento della sconfitta. E Roma è sconfitta.