3475848042_88ee7ae849_bPensare che l’arte sia anzitutto di competenza degli storici dell’arte è quanto di più sciocco possa passare per la mente di un uomo. Per comprendere gli affreschi di Simone Martini, è più utile leggere il grande poema Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini di Mario Luzi che le pagine sonnacchiose di Giulio Carlo Argan. Pier Paolo Pasolini su Piero della Francesca e Giovanni Testori su Romanino hanno dedicato scritti che farebbero impallidire critici come Federico Zeri o Francesco Arcangeli. Neanche il miglior Roberto Longhi riesce a oscurare la Madonna Sistina di Raffaello ripensata da Martin Heidegger o i saggi di Sigmund Freud sul Mosè di Michelangelo. Individuare l’autore, il secolo d’appartenenza, la tecnica utilizzata, la scuola d’origine, è soltanto uno, e neanche il più importante, dei modi d’avvicinamento al fatto artistico. Per secoli e tuttora le persone entrano in chiesa rimanendo stupefatte dai suoi affreschi e ignorando chi li ha prodotti. L’arte non ha mai avuto né dovrà avere come suoi interpreti privilegiati gli storici dell’arte. Firmato: uno (strano) storico dell’arte.

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