Il conformismo sul femminicidio
Il maschicidio, che è un termine vomitevole come il femminicidio, entrambi vocaboli da debellare come la lebbra sotto il correttissimo termine di omicidio, finora non è stato perlustrato da nessun artista contemporaneo. Più conveniente, più gettonato, è mostrare la donna violentata, il sangue dello stupro, l’offesa della vigliaccheria maschile. Questo vuole il pensiero dominante. E gli artisti, che spesso sono più conformisti del conformismo di cui si dicono avversari, seguono la linea. Una prova del conformismo? Google immagini. Se scrivete femminicidio, vedete un fiume di opere, campagne fotografiche, montaggi, pitture, sculture, messe in scena. Se scrivete maschicidio, viene fuori una donna che tira per una cravatta un uomo!!! Però l’arte, se mostra l’ovvio, scompare. Se è prevedibile, scompare. Se è replica del comune coro di voci, scompare. Allora, artisti, volete essere scontati? Continuate a parlare solo di femminicidi, molestatori, violentatori, stupratori, tutto al maschile (perché la tendenza è mettere in conflitto permanente il genere femminile con il genere maschile) così come fanno ignorantissimi Presidenti della Camera o insopportabili giornalisti al caviale. Continuate così, nel conformismo dilagante del politically correct, e nessuno si ricorderà di voi.