L’Islam che spacca le Madonne
Un uomo – un musulmano – accende una telecamera, prende in mano una statua della Madonna, poi violentemente la butta in terra frantumandola in tanti pezzi. Il video viene messo su YouTube e ottiene migliaia e migliaia di condivisioni. Il web è l’arma della contemporaneità. Se l’avesse spaccata in casa, se la sarebbe cantata e suonata da solo. Mettendolo online, quel video è divenuto un’arma. Un’arma di propaganda, di fedelizzazione, di reclutamento, ma anche un’arma per i suoi nemici. Se prima lui era solo un musulmano, ora è un musulmano odiato, maledetto, preso a simbolo di cosa sarebbe l’Islam radicale se avesse la meglio nelle terre europee della democrazia e del Cristianesimo. Il web moltiplica il terreno del conflitto, proprio perché moltiplica le armi del conflitto. Ma questo è vero anche per l’inverso. Se il Cristianesimo non si fosse ripiegato in un culto ombelicale da parrocchia, da omelia, da predica domenicale, e fosse invece consapevole proposta di “rifare l’annuncio di Gesù Cristo come avvenimento presente” (don Giussani), ecco che anche il web smetterebbe di essere solo lo spazio di siti web innocui per i messaggini pomeridiani di Medjugorje, per il buonismo di Papa Francesco, e sarebbe il luogo, oltre la viva realtà, ove testimoniare il Cristianesimo significa militare per esso, militare pacificamente, esserne convinti, perché esserne convinti vuol dire esserne legati in tutto il proprio io, come diceva sempre don Giussani. L’ambiente proprio della nostra libertà è la convinzione. Questo manca al Cristianesimo parrocchiale di oggi ed è per questo che i video delle Madonne spaccate sono iper-condivisi, mentre i video delle Madonne ricostruite sono quasi clandestini.