La mostra che cancellò il mio nome
A San Miniato (PI) dovevo curare una mostra d’arte sacra. Non me la fecero fare perché il mio nome non era gradito. Anche nell’arte sacra interviene la politica – la politica quella infima, cortigiana, che valuta le persone non per i meriti o per i riconoscimenti, ma per astratti idioti schemi. La mostra di un artista da me curato si fece ugualmente, ma senza il mio nome, perché davo fastidio, perché non ero allineato, perché scrivevo su quotidiani e settimanali imbarazzanti come Il Giornale, Libero e Panorama, perché avevo la colpa imperdonabile di essere un assessore indipendente e tecnico, che si occupava di istruzione e cultura, in una giunta che non aveva lo stesso orientamento politico di quel territorio. Torno tra poco a San Miniato, mercoledì 17, in quel piccolo e prezioso santuario di libertà artistica e culturale che è il CRA (Centro Raccolta Arte) di Roberto Milani. Torno per fare ciò che ho sempre fatto nella mia vita: parlare di arte, beni culturali, patrimonio storico artistico, e lottare, combattere per questo. Null’altro. Parlarne liberamente e perciò amorosamente, come sempre hanno fatto alcuni dei miei maestri, Antoine Quatremère de Quincy, Pier Paolo Pasolini, Vittorio Sgarbi. Vediamo se ci saranno problemi, mediatici e politici, a che un critico d’arte non inginocchiato, non genuflesso, senza tessere di partito, rifletta su ciò che ha reso eterna e immortale la nostra terra italiana.