L’ignoranza che si vanta
Se l’ignoranza diventa un vanto, una vanagloria, se l’ignoranza diventa prepotente, autoritaria, istituzionale, se la competenza e i meriti specifici diventano inutili, superflui, non riconosciuti, anzi mortificati, azzerati, ignorati, giudicati alla stregua di un vezzo, di un capriccio, di un diletto autoreferenziale da secchione, da professorino, da artista, se l’ignoranza diventa autorità costituita, potere gestionante, che non riconosce il valore e la sostanza individuale di una persona, equiparandola a tutte le altre se non nell’atto del suo servile inginocchiamento, ecco che l’ignoranza, da condizione legittima, diventa arrogante violenza anche se non spezza le mani, diventa illogica sopraffazione, dispotismo, cieco predominio. Quanta ignoranza che si fa vanto di se stessa vedo in onorevoli, senatori, sindaci, consiglieri, assessori, ovvero in coloro che, avendo ruoli istituzionali o rappresentativi, dovrebbero essere la massima testimonianza di ciò che combatte l’ignoranza e invece sono il massimo testimone di un’ignoranza che si glorifica di se stessa, della sua intima miseria, del suo essere nulla più di niente.