Don Giussani, l’educatore che ci manca
“La vera educazione deve essere un’educazione alla critica. Fino a dieci anni, il bambino può ripetere ancora: l’ha detto la maestra, la mamma. Ma ad un certo punto deve diventare problema quello che gli hanno detto. Se non diventa problema, non diventerà mai maturo e lo si abbandonerà irrazionalmente o lo si terrà irrazionalmente. Il ragazzo deve prendere questo passato e queste ragioni (che gli vengono insegnate), mettersele davanti agli occhi, paragonarle con il proprio cuore e dire: è vero, non è vero, dubito. E così, con l’aiuto di una compagnia (senza questa compagnia l’uomo è troppo alla mercé delle tempeste del suo cuore) può dire: sì, oppure, no. Ciò che caratterizza l’esperienza è il capire una cosa, lo scoprirne il senso. L’esperienza implica intelligenza del senso delle cose. E il senso di una cosa si scopre nella sua connessione con il resto, perciò esperienza significa scoprire a che una determinata cosa serva per il mondo”.
Il mio spazio oggi è dedicato per intero a lui, don Giussani. Perché lui, che è morto, è più vivo di me, che sono ancora vivo.