Le Università chiamino gli artisti
Le Università chiamino i migliori artisti ad affrescare le loro nuove Aule Magne, così come La Sapienza di Roma chiamò Mario Sironi nel 1935 e lui realizzò quell’esteso capolavoro che è uno dei vertici dell’arte di Stato della prima metà del Novecento e che è stato brutalmente censurato nel dopoguerra. I Comuni, le Province, le Regioni, i Ministeri, tranne rarissime eccezioni, sono troppo bloccati da logiche di clientelaggio, di asservimento politico, da campagne elettorali permanenti, per essere attenti a coinvolgere gli artisti più capaci, più talentuosi, nel lavorare agli spazi pubblici cittadini. Molti assessori alla cultura sono totalmente incapaci di distinguere un artista da un imbianchino, per cui scelgono un imbianchino perché costa meno. Le Università, che si contraddistinguono per un giudizio critico sicuramente più consapevole e attento, lancino dunque la sfida, come spesso hanno fatto nella storia: chiamino gli artisti ad affrescare i loro nuovi spazi didattici, così come il convento di San Marco a Firenze incaricò il Beato Angelico, non un imbianchino, a pitturare le pareti di quel luogo facendolo diventare una delle vette dell’arte mondiale. L’Università di Pisa, ad esempio, chiami Hector & Hector, non un decoratore, ma un artista vero, dimorante a Pisa, ad effigiare gli spazi dei dipartimenti. E così facciano altri atenei con altri artisti, in una studiata e consapevole “Operazione Bellezza XXI secolo” che mai potrà essere realizzata dai poteri municipali e governativi. I centri del sapere umanistico e scientifico siano orgogliosi, non reticenti, nel rivendicare la centralità dell’arte e della ricerca nella vita cittadina e nazionale dell’Italia.
In foto un’opera di Hector & Hector.