Togliere le chiese ai preti
Stanotte ho sognato di togliere tutte le chiese ai preti. Non era male come sogno. Loro erano contenti matti. Gioivano di avere in carico non una grande chiesa storica affrescata, ma uno scantinato pulito, con quattro cinque sedie, un crocifisso alla parete bianco garage e il calice e le ostie posati sopra un modestissimo tavolo da Ikea. Li inebriava il cristianesimo delle origini, il cristianesimo ridivenuto povertà iniziale, la parola del Nazareno scevra dalla storia, dalle incombenze della storia. Li inebriava avere a che fare con la viva sorgente della loro fede senza doversi occupare di affreschi, pale d’altare, legni intarsiati, marmi policromi, putti dorati, la responsabilità di Michelangelo, Giotto, Beato Angelico, Simone Martini, Caravaggio, Leon Battista Alberti, le soprintendenze, gli storici dell’arte, le richieste di restauro, le collette per i de-umidificatori, le cene sociali per ripulire un pettorale, un reliquiario, un ostensorio, gli appelli per tamponare le infiltrazioni ai cassettoni pitturati del soffitto, le bibliografie dell’edificio di culto da archiviare in canonica. Finalmente gioivano di mettersi a sedere in una sedia di plastica, aprire il libro delle sacre scritture e non pensare ad altro che a parlare ai quattro cinque fedeli che erano seduti nelle sedie davanti, adoranti quel crocifisso inchiodato alla parete bianca garage. Non era male come sogno. Lo racconterò e lo consiglierò, con cuore ardente, a tutti quei preti che incontro e che se ne fregano di far restaurare le loro bellissime chiese affrescate. Tornino nei garage. Forse lì gioiranno di nuovo della grandezza del cristianesimo che, dentro le chiese affrescate, non vedono più.