IMG_5822Ma vi rendete conto che, nei musei e nelle gallerie, le opere d’arte sono sempre più irrilevanti, mentre viene reso sempre più eccitante, stimolante, il contesto attorno, come se le opere d’arte fossero dei complementi di arredo e non l’essenza e la finalità del museo stesso, l’essenza e la finalità dell’esposizione stessa? Luci, faretti, proiezioni, pareti cromaticamente eccitanti, musiche di sottofondo, pannelli luminosi, specchi, tutto è mirato a drogare il contesto, a renderlo un luogo iperstimolante. Va benissimo ma, in questo modo, protagonista non è l’opera d’arte, ma l’effetto scenico, ambientale, lo sfondo teatrale. In questo modo l’eccitamento ti viene dall’ambientazione, non dall’opera esposta. Alla fine il quadro non è più l’elemento catalizzante, ma il succedaneo di stimoli attrattivi che sono fuori da esso. Il museo e le gallerie stanno sempre più diventando luoghi d’installazioni, di performance, di esibizioni illusorie, percettive, che relegano il capolavoro a feticcio d’arredamento e il resto un doping continuo di sollecitazioni (sono l’esatto opposto dei musei accademici fatti solo per gli accademici). Ma dove finisce l’approfondimento, la messa a fuoco dell’opera d’arte, l’incontro/scontro con la realtà del quadro e della scultura? La riflessione sull’umano, sulla storia dell’umano? Io voglio tornare a vedere l’opera nuda, su un cavalletto nudo, con una luce nuda, come la vedeva Van Gogh dipingendo su un prato o nella locanda dove beveva il vino.

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