Le scuole sono al collasso
Crolleranno altri 100, altri 1000 tetti nelle scuole italiane, così come è venuto giù quello della scuola di Fermo, fortunatamente a mattino presto senza far vittime. Perché le scuole sono al collasso. E il problema non è che mancano i soldi. Il problema è l’ingestibile, burocratica catena di procedure, codici, protocolli, sopralluoghi, accensioni mutui, gare, assegnazioni, progetti preliminari, progetti esecutivi, che immobilizzano nei mesi, spesso negli anni, i lavori di ristrutturazione e di messa in sicurezza che, se fossero necessari a casa nostra, ci metteremmo una settimana, un mese, a farli, non di più. Se a casa perde un tubo dell’acqua e c’è una larga infiltrazione nella parete, chiami un muratore-idraulico tutto fare e sistema tutto. Nelle scuole ecco l’immane catena di procedure: il preside fa la segnalazione al numero verde. La segnalazione arriva in Comune (Lavori Pubblici – Pubblica Istruzione), viene protocollata; passano le settimane e i Lavori Pubblici fanno un sopralluogo con l’ufficio manutenzioni; tale ufficio torna e relaziona con una pec che non è una lavoro di routine (come, ad esempio, cambiare un rubinetto) e deve venire il responsabile dei lavori strutturali; passano altre settimane e arriva un dipendente di quest’altro ufficio: ispeziona, guarda, poi scrive una pec e la protocolla; solitamente serve una cifra economica minima massima per riparare i danni che, se è corposa, deve essere posta all’attenzione dell’Economato per valutare se ci sia la copertura finanziaria nelle casse del comune; se non c’è, bisogna fare una variazione di bilancio, che deve passare dall’assessore al Bilancio, deve essere approvata in giunta (per essere approvata in giunta, occorre una delibera istruita dagli uffici, comprovata dall’assessore, inserita nel database elettronico e discussa in giunta (il bilancio è, come sapete, anche di discussione in Commissione e in Consiglio comunale); in assenza di copertura economica, il Comune può accendere un mutuo in banca; l’accensione ha tempi non stretti, anche perché va giustificata, garantita e concordata; metti dunque un altro mese; poi nelle casse del Comune arriva la liquidità, l’Economato lo segnala con una pec ai Lavori Pubblici, i quali se il lavoro è superiore ai 40mila euro, devono avviare una gara tra diverse ditte concorrenti per aggiudicarsi il cantiere alla migliore offerta; la gara richiede tempo, lo scrutinio delle offerte richiede tempo (nel frattempo l’infiltrazione è aumentata, l’aula o il corridoio o il bagno dove c’è il soffitto o il muro impregnato d’acqua, è stato transennato e reso inaccessibile fin dove è visibile l’infiltrazione); valutate le offerte inizia l’appalto, i contratti, i primi sopralluoghi; per questioni – dicono – di sicurezza, per non disturbare le lezioni e altro, i lavori possono essere fatti solo nelle settimane in cui la scuola è chiusa (ovvero a Natale e durante l’estate). Morale della favola: passano i mesi, a volte gli anni, e bisogna pregare che non crolli nulla sulla testa degli alunni e delle insegnanti. Da assessore alla cultura e all’istruzione, avevo sotto di me oltre 40 strutture di pertinenza comunale: ogni volta che entravo in una scuola, mi sentivo un verme per essere un rappresentante delle istituzioni così impotente di fronte a tanta inutile pretestuosa e arrogante burocrazia che se ne frega del fatto che, sotto quei tetti barcollanti e quelle pareti fragilissime, trascorrono la vita migliaia e migliaia di lavoratori e milioni di incolpevoli bambini.