Un altro Lunedì e le solite pensioni
Come previsto, e facilmente prevedibile, un altro lunedì di passione. Solo un piao di articoli fa parlavo dei lunedì neri che si sarebbero ripetuti. Il cuoco è convinto da tempo che il pessimo andamento dei mercati abbia poco a che fare con la nostra pessima manovra. Entrambe le cose sono vere, ma la loro relazione non è così stretta. O meglio. Se l’Italia avesse adottato una manovra perfetta (e in questa cucina ognuno ha le sue ricette) comunque i mercati sarebbero saltati sul debito più alto dell’Europa.
Il punto è che non abbiamo voluto toccare i nodi fondamentali della nostra spesa pubblica: le pensioni in particolare.
E siccome molti commensali mi hanno detto di dare qualche numero in più su quella che io definisco ingiustizia generazionale, ho pensato di servirveli. A proposito oggi perfetto il fondo del Corsera sui diritti acquisiti. Leggetevelo. Ma andiamo ai numeretti.
Tra il 1980 e il 2008 il Pil italiano per abitante annuo e in termini reali (cioè senza considerare l’inflazione) è cresciuto dell’1,45 per cento. Mentre la pensione media, sempre in termini reali, è cresciuta dell’1,77 per cento. sapete cosa vuol dire? che negli ultimi trent’anni le pensioni degli italiani sono cresciute abbondantemente più del reddito dei medesimi italiani.
Ovviamente tutto ciò non avverrà per le prossime generazioni.
Ma le incongruenze non finiscono qui. Le pensioni medie (vecchiaia e anzianità) di circa 10 milioni di privati sono decisamente inferiori a quelle di circa 2 milioni di dipendenti pubblici: il pubblico si è portato a casa (i dati sono del 2008) il 60 per cento in più per le pensioni maschili e il 120 per cento in più per le pensioni femminili.
E continuiamo così: chi ha vuto ha avuto, chi ha dato ha dato.