Mercoledì 5 marzo 2014 – Le Ceneri – compleanno di Marco – Piana di Gioia Tauro

 (Leonesse)

Era l’autunno 2012. Mi ero da poco trasferito in Calabria, per dare vita al Progetto mafiaNO e per trovare il tempo di scrivere il mio secondo romanzo. Roma mi era diventata insopportabile. Si impoveriva sempre di più. Soprattutto di onestà e moralità. La Caput Mundi si sgretolava, passo passo, per dar vita a una megalopoli informe che dello spirito romano non ha quasi più nulla. Interi quartieri sono stati consegnati ad una invasione straniera incontrollata e violenta. La Casilina è tamil, indiana e mediorientale, con picchi nordafricani. Il Celio è cinese. La Cassia, filippina e trans. Trastevere parla inglese e americano. Insomma, di quella Roma affettuosa e mamma, che conobbi a sette anni, in viaggio con il mio adorato Papà, non resta nulla. Non c’è più la lattaia pacioccona che mi regalava il maritozzo appena sfornato, ma non resta nulla nemmeno di quella Roma internazionale che sfornava una Mostra d’Arte a settimana, ancora pochi anni fa. Oggi, in giro per le strade del Centro, sporche e desolatamente invase da negoziacci cafoni e con gli stereo a palla, ci sono politici di nuovo conio, senza alcun appeal, faccendieri di bassa lega, attorini a spinta posteriore. Anche i Papi dicono cazzo. Seppur per caso…

E, in questa Roma, incontrai il Saviano di Gomorra.

Partii dalla Calabria, in auto, con Michele. Un amico al quale non avevo rivelato nulla dell’incontro. La discrezione era d’obbligo, considerato che lo scrittore vive scortato. Mi sembrava giusto evitare. Arrivammo a Roma nel pomeriggio. Al quartiere Trieste, ci dirigemmo verso la casa degli amici, che di lì a poco avrebbe raggiunto anche Roberto con la sua scorta.

Valentina aveva preparato una merenda bio. Pizza bianca impastata in casa con lievito madre. Marmellate. Succhi. Thè. Poi, squillò il campanello ed arrivò lo scrittore più controllato del mondo, dopo Rushdie.

Mi parve triste, e, parlando, lo confermò. Mi e ci parlò della sua quotidianità difficile. Della quasi totale assenza di rapporti umani. Della difficoltà di curare anche solo un passatempo. Disse che, per rilassarsi, andava a sparare al poligono, con gli uomini della scorta. Che, di tanto in tanto, andava all’estero per regalarsi qualche ora di libertà personale.

Poi, cominciammo a parlare di ndrangheta e mafie. Era incuriosito dai miei racconti. Interessato. Definimmo, in quelle ore, un progetto teatrale. Sulle donne di ngrangheta. Valentina, con alcune attrici, voleva mettere in scena qualcosa. Proposi la storia di due sorelle, una sposata con un carabiniere, l’altra con un uomo di ndrina. Piacque e prese il posto di una storia meno forte, precedentemente immaginata da loro. Anche a Roberto piacque. Decidemmo di entrare tutti nel progetto.

Con le nostre diversità.

Politiche, sociali, religiose, personali.

Una ricchezza, a prescindere.

Poi, continuammo a chiacchierare piacevolmente. Anche se – sarà il taglio dei suoi occhi, sarà l’indole – Saviano mi sembrò sempre un po’ “di là”. Non distratto, ma “di là”… quasi a volersi dare una via di fuga costante.

Gli regalai una copia del mio Diario di una vecchia checca. Mi parlò del suo romanzo in uscita.

Qualche mese dopo, quando venne a Reggio Calabria per presentarlo pubblicamente, ero seduto in prima fila. Ci eravamo scritti delle mail giorni prima. Ma non andai a salutarlo, dopo. Mi avevano chiamato nella Piana per un incontro mafiaNO e dovetti andare via prima che il suo intervento fosse finito.

Poco male.

Il tempo è passato. E di quel nobile progetto restano solo tante mail e anche pochi messaggi su Fb. E un incontro successivo alla merenda autunnale, Saviano assente, con un giovane produttore che, purtroppo, confonde il drammaturgo con lo sceneggiatore. E che mi vorrebbe nel progetto come “supervisore del dialetto calabrese”. Non ho il tempo per rispondergli, preso come sono dal mio lavoro. Mi piacerebbe che leggesse qualche pagina di ciò scrivo, che seguisse una mia giornata nella Piana con mafiaNO, o in giro per l’Italia a parlare del Diario e di lotta per i Diritti Umani. Ma non so se potrebbe capire. Servono “Palle”, anche per capire.

Saviano è partito dall’Italia. Lo lasciamo rilassare all’estero. Il teatro non piangerà se il progetto arriverà in ritardo. C’è già tanto Pirandello in scena. Ed è meglio così…

… fra me e me. Convinto che Gomorra stesse meglio con Sodoma fra le pagine del Vecchio Testamento.

Nino Spirlì

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