Quelle spiagge troppo calabresi
Lunedì 4 Maggio 2015 – San Silvano – Redazione SUD, can. 656 d.t., Area industriale Porto Gioia Tauro
Tre maggio, primo vero giorno di mare. Il caldo è africano.
Questo mare pulito, questa spiaggia semideserta, questo sole a picco… Bellezze insopportabili! Quasi quasi me ne andrei in una di quelle fotografie da ufficio turistico di altri mari, di altri soli, di altre spiagge. Dove l’acqua non sia così trasparente, quasi da bere, e la sabbia sia di quelle che ti si appiccicano ai maroni, manco fosse farina 00, ma di quelle fastidiose. Mi tufferei in quegli scatti di abili fotografi che cercano di filtrare la tristezza e la povertà dei luoghi. Dove le pensioni senza stelle sembrano grand hotel da petrolarabi. Dove una eremitica soglioletta dell’atlantico, vecchia di pesca e di ghiaccio, viene servita come fosse solo addormentata “su un letto di verdure d’orto”: da dove altro dovrebbero venire, le verdure?
Qui, da me, in questa terra di Calabria, sicuramente dall’orto vero. Quello di mia zia Angelina, zia Montagna (in onore alla Vergine di Polsi), o del signore “dei polli”, quelli ruspanti (e quali altri?) allevati liberi in campagna.
Il vero pesce fresco, invece, lo pesca Saverio e me lo porta fino a casa, prima che gli altri abitanti del mare si accorgano dell’assenza del povero sfortunato pescato. L’ultimo polpo, oltre tre chili, era così tenero che le patate nel piatto sembravano granito dell’Aspromonte.
Mi bagno le chiappe e tutto il resto in questo mare e mi sento ricco, felice e divino. Eh, sì! Tocco il cielo con lo sguardo e mi immergo nelle acque della Genesi. Esagerato? No, no: fortunato. Altri, molti altri, lo vanno a cercare e, spesso, non lo trovano questo Paradiso.
Eppure…
Qui il turismo non arriva. Almeno quello medio e medio basso: preferisce altre acque e altri agi. La Calabria “non è attrezzata”, “non si è mai organizzata”, “non c’è nulla, oltre quello che la Natura le ha dato”. “Sarà la ndrangheta che non vuole il turismo: laggiù si ammazzano ogni giorno…”
Ne potrei scrivere mille e mille, di cazzate simili: le ho sentite, in questi 54 anni di vita, a iosa. Qualcuno si è spinto oltre: “ero di passaggio in Calabria e ho visto nella piazza di un paese, pure grandetto, passare un vecchio con la scoppoletta in testa e la lupara sulla spalla. E tutti si inchinavano al suo passaggio. Era agosto… O luglio… Non ricordo bene…”
E ricordi malissimo, coglione! Qui, le scoppolette e le lupare si vedono solo in tv, nelle fiction di merda che continuano a dipingerci come fossimo nell’800. E nemmeno…
Mi fa piacere che certo turismo, questo turismo, non ci arrivi, da queste parti. Non ne abbiamo bisogno. Viviamo benissimo anche senza.
Ci godiamo le nostre ricchezze, ci spalmiamo la pelle d’olio d’oliva, ci imbalsamiamo con le essenze di zagara e bergamotto. Godiamo delle prelibatezze della nostra cucina, forte di agrumi, erbe, spezie rarissime, come lo zafferano dell’Aspromonte.
Stiamo bene “senza”.
Senza hamburger e patatine, senza morti del sabato sera, senza impiccati per solitudine, senza anziani abbandonati nei condomini o sotto i ponti.
Stiamo bene senza troppi “piscioni” nel nostro mare. A volte, smeraldo, a volte, viola, a volte trasparente. Sempre cristallino.
Fra me e me. A mare.
Le foto sono state scattate a Palmi (1 La Tonnara con lo scoglio dell’ulivo, 2 Rovaglioso, 3 La Marinella)