Lunedì 23 maggio 2016 – San Desiderio di Langres, vescovo – Redazione SUD, Calabria

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Mai santo del giorno fu più azzeccato del vescovo Desiderio di Langres, in queste ore in cui l’unico “desiderio” di un altro vescovo, Francesco Milito, titolare della curia di Oppido Mamertina – Palmi (quella, per essere chiari, del sacro inchino al boss e della pseudoveggente che parlerebbe con la Vergine Maria a giorni prestabiliti più di un ciclo mestruale) sarebbe quello di essere dimenticato dai Media e dai Social. Ora che la sua immagine è apparsa, nottetempo, su tutti i muri della diocesi.

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Vattene! Gli intima la mano senza nome che ha stilato il manifesto. Una mano che, a dirla tutta, sembra più interna alle incensate sale che esterna alle mille porte sante aperte generosamente dal prelato nelle chiese del suo pascolo in quest’anno giubilare della Misericordia.

Il manifesto – scritto da qualche affielato chierico amanuense? –  gli rimprovera un comportamento poco chiaro su più vicende, tutte tristissime e poco cristiane, in verità. A partire dal parroco di uno dei paesini della diocesi, che “consigliò” ad una povera minorenne costantemente violentata di non denunciare i propri aguzzini, fino ad arrivare al suo “collega”, titolare di un’altra parrocchia della stessa curia, che pagava i minorenni per farci sesso. Ma non mancano riferimenti ad un ipotetico atteggiamento sui generis del monsignore in molte altre arcane storie avvenute nella Casa di Dio edificata con fatica in questa Piana attonita che va dall’Aspromonte alle rive del Tirreno.

Una cosa è certa: alcune intercettazioni  di conversazioni telefoniche fra Milito e quel prete pedofilo sono, perlomeno, imbarazzanti. “Non parlare coi Carabinieri…” dice, chiaramente, il prelato al prete sporcaccione. Ma la frittata era già stata fatta. E, a presentarla a tavola con un ottimo contorno, ci stava pensando proprio lui con i suoi consigli telefonici.

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A detta del manifesto senza firma, sembra che Milito stia personalizzando abbondantemente il proprio mandato pastorale. Anche con presunti sciali ingiustificabili. Sarà il suo gusto estetico ratzingeriano a farlo sembrare uno sprecone? Non sarebbe il primo, né, purtroppo, l’ultimo dei rappresentanti di Dio in Terra (anzi, in terra) a godersi qualche brillìo di gemma e un morbido fruscio di sete. Di mio, ricordo un suo dorato piviale damascato, riccamente bordato e ricamato, tanto ampio da coprire anche la larga balaustrata di un altrettanto doratissimo inginocchiatoio. Roba da papa Borgia de noantri…

Anche se, a dirla tutta, incontrandolo in più occasioni, mi era sembrato pure il male minore in una Chiesa tumorata più che timorata. Uno spiritoso paraculo – mi si passi ironicamente il termine – che cerca di scansare casini per non danneggiare la propria avanzata verso la porpora romana.

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Una porpora che si sta scolorendo sempre più. Grazie al candeggio continuo. O per colpa delle brutte correnti  d’aria che si incuneano fra le statue e i lini, nei silenziosi corridoi dei sacri – si fa per dire – palazzi.

A pensar male…

Fra me e me

 

 

 

 

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