Ratzinger il Giornale

Ogni giorno mi occupo di notizie e/o testi che possano riguardare Joseph Ratzinger. Un po’ per lavoro, un po’ perché sono mosso, come la segretaria di Stato del Vaticano mi scrisse attraverso una missiva di monsignor Paolo Borgia, da “venerazione filiale” nei confronti del Santo Padre. “Sua Santità – riportava la lettera dello scorso agosto – desidera manifestarle cordiale gratitudine per l’apprezzato dono…”. Io, che non sono di certo un teologo né un esperto di dottrina, ho ricevuto una risposta inaspettata e indiretta da Benedetto XVI a una pubblicazione che avevo provato a spedirgli.

E tutto quello che ho fatto è stato scrivere un pamphlet elogiativo della sua figura, un libro pubblicato da Il Giornale per la collana “Fuori dal Coro”: Ratzinger, il rivoluzionario incompreso.

E questi, direte voi, sono affari tuoi. Sacrosanto. Nella serata di oggi, però, faccio la mia consueta ricerca serale e trovo un articolo in cui Pierfranco Pellizzetti, sul suo blog de Il Fatto Quotidiano, scrive di un “un abbraccio mortale di rara perfidia, con cui il piccoletto malignazzo Joseph Ratzinger, il Matteo Orfini vaticano, finge di smentire le maldicenze che circolano sul suo successore nei sotterranei più tetri dalle parti di San Pietro, mentre in effetti le sta accreditando”.

La storia è questa: Benedetto XVI riceve una lettera da monsignor Dario Viganò. La richiesta, con ogni probabilità, è quella di scrivere una “breve e densa pagina teologica” d’introduzione agli undici “piccoli volumi” della collana edita da Lev riguardanti La teologia di Papa Francesco. Ratzinger risponde di essere da una parte impossibilitato e dall’altra stupito. Ma perché stupito?

Ci arriviamo tra poco. La querelle della lettera è ormai nota ed è stata raccontata su IlGiornale.it passo passo (qui, qui, qui, e qui è possibile seguire tutta la diatriba per mezzo di un filo cronologico).

La missiva viene pubblicata (in parte) il giorno prima del quinto anniversario dell’elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio. Molti media rilevano come Ratzinger abbia parlato di “continuità interiore” con il pontificato di Francesco. Fine della giostra, quindi, per tutti coloro che usano (secondo me a torto ) contrapporre il papa emerito al pontefice argentino. Ma arriva il primo colpo di scena.

Viganò legge questa lettera il 12 marzo, alcuni la riportano troncando però un passaggio. Si scopre che alcune righe lette dal prefetto della Segreteria per la Comunicazione non compaiono nella foto diffusa dal Vaticano. Sandro Magister pubblica il paragrafo “omesso”, si comincia a parlare di foto ritoccata e si scopre che Benedetto XVI ha sì risposto e parlato della fine di un “doppio stolto pregiudizio”, ma che al contempo si è rifiutato di introdurre la pubblicazione (e di leggere i libri) perché preso da altri impegni e per ragioni fisiche. Ecco, però, un altro evento inaspettato (roba da Dan Brown).

Spunta, infatti, un ulteriore virgolettato della lettera che la Santa Sede, poi, dichiarerà di aver omesso a causa della natura personale e riservata della missiva. E già qui potrebbero sorgere alcune domande sul perché, allora, siano stati letti alcuni passaggi e altri no.

Fatto sta che Ratzinger, in questo secondo paragrafo inizialmente non pubblicato, aveva scritto:

“Solo a margine vorrei annotare la mia sorpresa per il fatto che tra gli autori figuri anche il professor Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali. Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della “Kölner Erklärung”, che, in relazione all’enciclica “Veritatis splendor”, attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale. Anche la “Europäische Theologengesellschaft”, che egli fondò, inizialmente da lui fu pensata come un’organizzazione in opposizione al magistero papale. In seguito, il sentire ecclesiale di molti teologi ha impedito quest’orientamento, rendendo quell’organizzazione un normale strumento d’incontro fra teologi”.

Qualcuno, insomma, aveva chiesto a Benedetto XVI di scrivere una prefazione ad un autore anti-Ratzingeriano. Non un semplice critico dottrinale dell’opera di Ratzinger, ma un teologo che “aveva capeggiato iniziative anti-papali”.  Torniamo, adesso, all’articolo sul blog del Fatto Quotidiano. Dove risiederebbe la “rara perfidia”?

In un uomo di novant’anni che si è rifiutato di avallare i testi di un teologo che ha attaccato “in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa” o in chi gli ha proposto di scrivere quella “breve e densa pagina teologica”?

Insomma, chi va cercando un “Orfini in Vaticano”, un “maldestro puntellatore di una dottrina indispensabile”, guardi da qualche altra parte e lasci stare un teologo di novant’anni che si è semplicemente rifiutato di chinare il capo a chi aveva provato a destrutturare il suo magistero. Un “Orfini” che aveva persino espresso gratitudine a me, che non sono nessuno.

Immaginatevi, quindi, quanto potrebbe essersi “stupito” per la presenza del professor Hünermann tra gli autori scelti per legittimare (?)  la teologia di Papa Francesco. Se di “gioco delle tre carte” si tratta, signor Pellizzetti, non è a Ratzinger che deve guardare.

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