A sinistra spuntano le “nuove eroine”, ma è solo un trucco
È complicato dare della radical chic a una piratessa con i rasta. Uno tende a immaginarsela sì a bordo di un’imbarcazione, ma non a sfondare blocchi navali e ad infrangere leggi. La stessa Carola Rackete ha ammesso di partire da una posizione agiata, ma attaccarla su questo aspetto saprebbe troppo di marxismo. E una persona che tiene davvero al valore supremo della libertà non può limitarsi – forse neppure dovrebbe – a verificare lo stato patrimoniale della famiglia di provenienza. Servono altri elementi. È il nuovo trucco comunicativo del radicalismo di sinistra: muovere da queste novelle protagoniste del progressismo, conoscendo bene come siano meno vulnerabili di altre figurine sul piano mediatico. Voi avete destrutturato prima e battuto poi Hillary Clinton perché troppo legata a certi potentati economico-finanziari? E allora noi rispondiamo, sostenendo un’ex bartender che si è fatta eleggere da sola, contro tutto il partito, a Brooklyn peraltro. Stiamo parlando di Alexandria Ocasio Cortez. La narrativa sorosiana sui migranti alimenta il dissenso dell’elettorato popolar-populista? Rafforza quei partiti? Nel dubbio, ecco spuntare un'”Antigone contemporanea” (a proposito: qui abbiamo provato a spiegare perché il paragone con la tragedia sofoclea non regge) che è disposta a mettere a repentaglio il suo futuro da libera cittadina pur di perseguire un ideale di accoglienza universale. Si tratta pure di un tentativo di normalizzare istanze che gli elettori occidentali hanno spesso respinto perché troppo contigue con stili di vita inavvicinabili per i più. Uno sguardo nelle tasche, quando si tratta di comprendere le ragioni dietro i comportamenti elettorali, bisogna darlo per forza, purtroppo.
Così pure l’ecologismo diviene un espediente buono per far passare certi messaggi. Ecco spuntare una minorenne che è talmente tanto intrisa d’idealismo da non andare a scuola pur di cambiare questo mondo scelerato. Mettere in dubbio l’azione di Greta Thunberg significa essere ricoperti da un coro, quello sì greco per compattezza e uniformità, di critiche. Dall’attivista svedese ad Alexandria Ocasio Cortez, passando dalla “Capitana” della Sea Watch 3 e da Megan Rapinoe, capitana della nazionale femminile di calcio degli Stati Uniti, che continua ad attaccare Donald Trump a mezzo stampa: in questi giorni avete letto e leggerete, e molto, di ognuna di loro. Sono idealiste, ma sono anche “donne del fare”. Hillary Clinton – lo ripetiamo – ha insegnato che l’essere troppo accostabile all’establishment economico-finanziaria conduce a un’ineluttabile sconfitta. E allora bisogna cambiare. È l’escamotage individuato per le prossime fasi: sempre donne, ma abbastanza solide per storia e saldissime per credo politico. La sinistra, dovendo ragionare sul da farsi dopo un filotto di sconfitte davvero godibili per chi milita dall’altra parte, ha scelto il restyling. Se avete una trentina d’anni, siete donne, magari femministe, e non disprezzate il fatto d’incarnare il migrazionismo, l’estremizzazione dell’ambientalismo, il pauperismo e i “nuovi diritti” Lgbt, beh, questo è il momentum per scendere in campo. Federico Rampini va dicendo che la sinistra, per recuperare voti, deve smettere di essere il “partito dello straniero” e quello “della finanza”. Tornare a parlare agli operai del Midwest che hanno votato per The Donald potrebbe non essere una cattiva idea, insomma. Questi non hanno nessuna intenzione di modificare il loro palinsesto, che è tutto centrato su ideologismi e minoranze. Al massimo proveranno a cambiare i volti in grado di issare le medesime bandiere. Il compito dell’elettorato europeo ed americano, che è sempre più informato e sempre meno soggetto a raggiri comunicativi vari, è sin troppo semplice: non cascarci.