“Messe proibite”: la Cei batte un colpo, ma è tardi
La Conferenza episcopale italiana non ha gradito la scelta del governo giallorosso: le Messe col popolo sono ancora vietate. Anche nella decantata “fase 2”, che poi tanto “fase 2” non è, ma questo è un altro discorso.
Fa specie il fatto che i presuli del Belpaese abbiano forse compreso – finalmente, verrebbe da dire – come il cattolicesimo e la sua tutela non facciano parte delle priorità di un esecutivo che già si annunciava relativista sin dal suo insediamento. C’è, soprattutto tra i consacrati conservatori, chi aveva avvertito del rischio, ma pazienza.
Insomma, ripercorrere i tratti salienti della corrispondenza di amorosi sensi tra certi emisferi catto-dem e l’esecutivo giallorosso, ad oggi, risulta un esercizio abbastanza inutile. Meglio dunque sottolineare il poco gradimento espresso dalla Cei mediante il comunicato di ieri sera: ” I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”. Una bella novità in grado di rivelare come ecologismo, aperturismo in materia di gestione dei fenomeni migratori ed assistenzialismo pauperistico non bastino più a garantire la concordia tra le parti.
Quelli appena citati sono i canoni, i paradigmi, per cui vescovi e cattolici democratici hanno pensato – inutile farne mistero – di giocare nello stesso campo. E soprattutto di avere degli avversari comuni. Quegli “avversari”, però, ora sono gli unici a domandare che le Messe con il popolo, e dunque i sacramenti, vengano garantite alla stregua di emergenze spirituali. Un cortocircuito niente male, inutile girarci intorno. Vero: la Chiesa cattolica, pure a livello istituzionale, esercita una funzione non replicabile.
Vero: Papa Francesco, qualche giorno fa, ha fatto capire di volere il ripristino di una normalità almeno parziale (Bergoglio ha citato un caso argentino, dove la distanza sociale ha garantito la partecipazione, seppur limitata, alla funzione religiosa). Ma forse il premier Giuseppe Conte ha deciso che anche quella richiesta papale può essere messa da parte o attendere tempi migliori.
Alcune componenti catto-dem si ritrovano così prossime a Greta Thunberg da dover rinunciare alla Messa con i fedeli. Può sembrare un’iperbole, ma se ci pensate bene non lo è. La mancanza di distanze generano effetti. Così come gli abbracci. Certi vescovi, sin da subito, avrebbero potuto rimarcare una differenza più nitida con chi professa la “piattaforma Cirinnà”. Si è optato, almeno in alcuni casi, per una corrispondenza di amorosi sensi, per un abbraccio a forma di sigillo. E questa dello stop alle Messe senza eccezioni, a parte lo streaming, è una delle conseguenze.
Si può non essere d’accordo con la disamina. Poi però c’è la realtà. che racconta dell’Anpi che può “in qualche modo” partecipare alla celebrazioni per il 25 aprile e di cattolici che, al massimo, tra qualche tempo potranno fare un giro nei musei. Ite, Missa est.