I principali protagonisti del centrosinistra europeo, non ultimo Matteo Renzi, sono impegnati in questi giorni in svariati tour elettorali per rilanciare la loro offerta politica, mettendo al primo posto la lotta ai cosiddetti fronti “populisti”, che in questi mesi stanno vivendo una poderosa crescita in tutto l’Occidente.

Già potremmo chiederci se sia meritevole ricondurre il consenso ad una offerta politica solamente contrapponendola a quella di altri, in una abitudine a sorvolare sulle cause degli scenari politici ormai comune a tutto il panorama della sinistra liberaldemocratica, che sulla corsa a combattere il sempre nuovo, nerissimo e terribile pericolo per la “democrazia” trova spesso la propria principale giustificazione elettorale.

Se vogliamo tuttavia scendere nel particolare, è davvero buffa questa pretesa di vedere nei populismi, o per meglio dire nei contenitori politici più capaci di rappresentare la rabbia popolare odierna un qualcosa di nato per caso e da rimuovere quasi fosse polvere da spingere sotto il tappeto, non invece l’effetto di un sentimento molto più profondo e del quale si è in gran parte responsabili.

Con estrema nonchalance si parla di “pericolo Le Pen” e “pericolo Salvini” quasi fossero fenomeni cresciuti dal nulla, non invece l’effetto di una sinistra inesistente, completamente schiacciata sull’autoconservazione, sulla retorica cosmopolita e sull’accettazione di tutto quel che profuma di libertarismo etico ed economico.

Una sinistra fatta di competizione tra lavoratori, immigrazione sfrenata e completa inazione politica, schiacciata sulla lode del presente e su di una cultura organica senza originalità né coraggio, pronta a scagliarsi contro l’elettorato “vecchio”, “povero” o conservatore qualora quest’ultimo non rispecchi i propri sogni di gloria in assenza di confini e di regolamentazione. Ma davvero questi aristocratici del pensiero politicamente corretto non si rendono conto che vogliono combattere i “populismi” rappresentando ogni giorno la giustificazione della loro esistenza?

Sono le stesse sinistre “democratiche”, completamente avulse da una dimensione di critica antiglobalista e difesa del lavoro, della produzione e dei diritti dei loro protagonisti ad essere la principale causa nella nascita di un fronte popolare che nella sinistra odierna non si riconosce più e preferisce rivolgersi altrove per veder tutelati i suoi diritti.

Una sinistra che nel tempo ha completamente smarrito qualsiasi logica di classe, smarrendosi nella lode all’app economy, alla finanza immateriale e transnazionale, al completo depauperamento del valore della cittadinanza e dell’appartenenza in favore di una logica di mercato che ci vuole tutti attori principali di una produzione ormai senza più regole né stabilità, accomunati nella progressiva distruzione dei residui diritti sociali.

Questa brodaglia liberal, tanto antifascista quanto antisocialista e mai anticapitalista, coi suoi mostri sacri, le sue sterili divisioni interne, la sua continua riproposizione di difese di campo, arroccamenti sterili e lotte contro questo o quel nemico della civiltà è la principale giustificazione della nascita e del successo dei contenitori popolari e pigliatutto oggi presenti, in gran parte sostenuti nella loro crescita proprio dal voto di numerosissimi operai, cassaintegrati, lavoratori e ultimi della globalizzazione.

Se le armi per combattere il populismo sono la lode alla Silicon Valley, all’economia sovranazionale dello sfruttamento e dell’immaterialità, le Le Pen e i Salvini non devono avere nessuna paura. Davanti avranno sempre e comunque soggetti politici capaci di far continuamente arrivare loro del consenso di massa.

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