Impossibile non essere raggiunti in questi giorni dal dramma esistenziale degli esponenti del progressismo politico e accademico nostrano, in pena anche fisica per un terribile ed estenuante sciopero della fame spesso effettuato a singhiozzo per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’approvazione dello Ius Soli.

Impossibile non notare quanto sia risibile l’atteggiamento di chi, al posto di compiere uno sciopero della fame vero e proprio, non volendo sciupare più di tanto il proprio apparato digerente propone una visione più light, o in questo caso più calorica, dello stop ai pasti come tutti lo conosciamo; uno sciopero a singhiozzo, quasi un salto del pranzo o rinuncia alla merendina, uno spettacolo che ben riassume del resto la (scarsa) confidenza del progressismo nostrano con un qualcosa che ricordi anche lontanamente una lotta vera e propria, uno sciopero decente o una barricata. Saranno gli effetti della concertazione al ribasso di anni e anni di sindacalismo nostrano.

Di certo a fronte a questo spettacolo avrebbero di che recriminare anche i migranti, visto che la questione della cittadinanza sembra quasi non valga nemmeno una rinuncia degna di questo nome.

Si scende ancor più nel grottesco tuttavia quando vediamo la protesta muoversi dall’ambito politico a quello scolastico, con molti insegnanti e professori anch’essi in sciopero o in mobilitazione (anche se a questi lidi la cosa è leggermente più frequente, tanto da risultare banalmente preventivabile) per l’approvazione della legge sulla cittadinanza.

Insomma, al posto di disporre di una scuola capace di istruire ed informare anche sulle storture di una accoglienza senza sosta siamo esposti al buonismo pietista di molti insegnanti di stato che, al riparo dalle asprezze del mercato e della concorrenza al ribasso, dalle loro cattedre pontificano spesso e volentieri sul dovere dell’accoglienza.

Assistiamo al solito, mediocre spettacolo dello “stato che si assiste” (per usare Carmelo Bene), capace solamente di rilanciare bolsi brandelli di politically correct non andando minimamente ad avvertire, come invece sarebbe apprezzabile, su di un meccanismo di tutti contro tutti in cui finiranno ad essere convogliati anche gli stessi studenti una volta finito il percorso di studi, con molti immigrati ancor più desiderosi di imbarcarsi verso il nostro paese, con il distorto miraggio dell’equiparazione ai cittadini italiani, tradotto poi il più delle volte in una vita miserabile ai margini della società e delle nostre strade, o dei nostri campi.

Insomma, ad una politica progressista già risibile coi suoi scioperi con la R moscia si aggiunge una porzione di scuola non già risibile ma drammaticamente in ritardo, sempre ferma sul rilancio di posizioni talvolta pure dannose agli stessi studenti che andrebbe preparando, facendo (lei sì), di una carta di cittadinanza un motivo di presunto discrimine, quando in realtà agli studenti interesserebbe un’istruzione più efficiente e capace di prepararli ad un mondo del lavoro più giusto ed equo, piuttosto che un allegro teatrino del politicamente corretto o uno scenario da libro cuore in versione globalista.

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