Oggi, in Commissione Affari Costituzionali della Camera, si discuterà una proposta di legge costituzionale (n. 278) decisamente particolare, che mira a riconoscere a Roma Capitale lo status di ventunesima regione italiana. La proposta si fonda sulla necessità – evidenziata nella relazione accompagnatoria – di ripensare l’assetto istituzionale della Capitale, adeguandolo alla sua complessità amministrativa e alle funzioni che essa svolge a livello nazionale e internazionale.

Si tratta di una riforma che, almeno nelle intenzioni del proponente, risponderebbe alla crescente esigenza di autonomia di Roma, ma che apre anche molti interrogativi giuridici e amministrativi, soprattutto in merito al rapporto con la Regione Lazio, alla sostenibilità economica del nuovo assetto e alla sua coerenza con il principio di autonomia territoriale sancito dalla Costituzione.

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, la proposta di legge parte dalla constatazione che il regionalismo italiano, a oltre cinquant’anni dalla sua istituzione, abbia mostrato sia benefici che distorsioni, in particolare in termini di frammentazione amministrativa, inefficienze gestionali e sovrapposizioni di competenze.

Roma, in questo scenario, rappresenta un caso del tutto particolare. La sua posizione di Capitale dello Stato le impone funzioni e oneri che non trovano adeguata risposta nel modello amministrativo attuale. A differenza di altre grandi metropoli europee – come Berlino, Madrid e Bruxelles – Roma non dispone di un’autonoma potestà legislativa, ma è soggetta a una disciplina stabilita da una legge ordinaria dello Stato, che ne regola i poteri in maniera non del tutto organica.

La relazione sottolinea alcuni dati fondamentali che giustificano, dal punto di vista dei proponenti, la necessità di un riconoscimento istituzionale specifico per Roma:

Estensione territoriale: con 1.287 km², Roma è la Capitale europea con la maggiore superficie amministrata e, considerando l’intera area metropolitana, si arriva a 5.500 km², un territorio che supera quello delle nove maggiori città italiane messe insieme.

Popolazione: la città conta oltre 2,8 milioni di abitanti nel Comune, mentre l’intera area metropolitana supera i 4,3 milioni.

Funzioni istituzionali uniche: Roma ospita le sedi delle istituzioni nazionali, le rappresentanze diplomatiche e la Città del Vaticano, oltre a numerose organizzazioni internazionali, tra cui la FAO.

Secondo i promotori della riforma, il modello attuale non garantisce un governo efficace della Capitale, che risente di una burocrazia complessa e frammentata, con una sovrapposizione tra le competenze dello Stato, della Regione Lazio, della Città metropolitana e dei Municipi romani.

Il testo legislativo propone tre modifiche alla Costituzione:

1. All’articolo 114, viene eliminato il riferimento alla legge ordinaria dello Stato come fonte regolatrice dei poteri di Roma Capitale, per sancire la sua autonomia attraverso un riconoscimento costituzionale.

2. All’articolo 131, Roma viene inserita tra le Regioni italiane, affiancandosi alle venti già esistenti.

3. All’articolo 132, il numero minimo di abitanti richiesto per la creazione di nuove regioni viene elevato da un milione a due milioni, per evitare una frammentazione eccessiva del territorio nazionale.

La discussione di oggi in Commissione Affari Costituzionali non può prescindere dalle numerose questioni giuridiche che la proposta solleva, soprattutto in termini di diritto amministrativo e organizzazione dello Stato.

L’istituzione di Roma come regione autonoma si colloca in un quadro più ampio di riflessione sulla struttura del regionalismo italiano. La Costituzione, all’articolo 5, sancisce il principio dell’autonomia territoriale, riconoscendo alle Regioni, alle Province e ai Comuni la capacità di autogovernarsi. Tuttavia, il modello attuale non ha mai previsto l’esistenza di una regione esclusivamente dedicata alla Capitale.

Secondo la relazione, il decentramento amministrativo realizzato attraverso le regioni, pur avendo garantito maggiore autonomia alle amministrazioni locali, ha anche prodotto inefficienze, sovrapposizioni di competenze e problematiche di coordinamento istituzionale, soprattutto nelle grandi aree urbane.

Un altro elemento di riflessione riguarda il rapporto tra il nuovo ente regionale e l’attuale amministrazione comunale. La riforma prevede che gli attuali Municipi di Roma possano diventare Comuni autonomi, con competenze proprie. Se da un lato questo potrebbe garantire una gestione più diretta e vicina ai cittadini, dall’altro potrebbe portare a un’eccessiva frammentazione amministrativa, con il rischio di moltiplicare i centri decisionali e rallentare i processi di governo.

La separazione di Roma dalla Regione Lazio pone anche un problema finanziario e di redistribuzione delle risorse. La Regione Lazio perderebbe il territorio della Capitale e una parte significativa delle sue entrate, il che potrebbe indebolire la sua capacità amministrativa. Inoltre, bisognerebbe ridefinire il meccanismo di trasferimenti statali e fiscali, poiché Roma oggi beneficia di fondi speciali per la sua funzione di Capitale.

Oggi la Commissione Affari Costituzionali apre ufficialmente la discussione su questa proposta un po’ particolare, destinata a suscitare ampio dibattito sia per le sue implicazioni amministrative che per il suo impatto sul sistema delle autonomie locali.

Sarà interessante vedere come si svilupperà il confronto politico e quali posizioni emergeranno nei prossimi mesi. Se la proposta dovesse proseguire nel suo iter, arriverà il momento del confronto in Aula, dove il dibattito sarà sicuramente acceso e ricco di spunti, vista la portata della riforma e le sue possibili conseguenze.

Nel frattempo, la discussione di oggi in Commissione rappresenta solo il primo passo di un percorso che potrebbe riservare sorprese e colpi di scena, tra chi vede in questa proposta un’opportunità per Roma e chi, invece, la considera una riforma eccessivamente complessa e problematica.

Quel che è certo è che, comunque vada, sarà interessante seguirne l’evoluzione, perché tocca un tema centrale per il futuro istituzionale della Capitale e, più in generale, per il sistema delle autonomie nel nostro Paese.

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